GENIERI PER 6 MESI AL FRONTE DI CASSINO
Data: 05/01/2009Autore: VALENTINO ROSSETTICategorie: TestimonianzeTag: genieri, italia, rsi

GENIERI PER 6 MESI AL FRONTE DI CASSINO

Premessa

Proponiamo ai nostri lettori la trascrizione integrale di una memoria del geniere Giancarlo Poletti, scritta nel 1993.

Poletti, che è mancato il 18 marzo 2001, nel 1943-1944 fu inquadrato nel 108° battaglione Fortificazioni Campali "B. Grilli", 1^ compagnia, 3° plotone, 6^ squadra.
La memoria è stata pubblicata in forma manoscritta sulla rivista "ACTA", alla cui direzione va la nostra gratitudine per averne permesso la riproduzione. [1]
Questo documento è stato redatto a più di cinquant’anni dai fatti descritti. Nella stesura che proponiamo non è stato tolto, corretto o modificato nulla del testo originale, anche se esso risente, in alcuni passaggi, della lontananza temporale dagli avvenimenti descritti.
Ci siamo quindi limitati ad aggiungere alcune note esplicative, anche alla luce dei ricordi di un altro geniere del medesimo battaglione, Franco Busatti, del quale abbiamo pubblicato il diario già da tempo. [2]
Inoltre dobbiamo sottolineare che la responsabilità di quanto contenuto nella seconda parte del testo, in particolare per quanto riguarda il racconto della fucilazione di un sottufficiale dell’Aeronautica italiana, ricade sull’autore e viene riportata senza commenti soltanto nel rispetto della versione originale del documento. Ciò anche in assenza di qualsiasi prova documentale dell’accaduto.
Lo scopo di questo sito resta ed è quello di ricordare tutto ciò che avvenne durante i cinque mesi di permanenza del fronte attorno a Cassino, senza nessun pregiudizio e nel rispetto dei tanti caduti di entrambi gli schieramenti e delle sofferenze causate dalla guerra alle popolazioni civili.
In questo caso il nostro intento vuole essere quello di facilitare la ricerca sui reparti italiani che si ritrovarono nella battaglia, nolenti o volenti, dalla parte tedesca, sui quali è sceso nel corso degli anni il più totale silenzio. [3]

Un ringraziamento ad Alberto Turinetti di Priero per la rilettura della trascrizione e l'aiuto nel reperimento delle note al testo.

Trascrizione della memoria del geniere Giancarlo Poletti

A fine novembre 1943 mi presentai al distretto militare di Perugia chiedendo di essere impiegato in modo concreto alla difesa del suolo patrio.
Il 29/12 si costituì il 1° Battagl. Reclute composto da umbri ed emiliani (in maggior parte di Parma).
Un mese di affrettatissimo addestramento e finalmente nella notte del 29 dicembre suonò improvvisamente la sveglia. Si parte. [4]
Alla stazione ferroviaria ci attendeva una lunga ("tradotta" ndr) di carri bestiame, dove presero posto i 700/800 soldati del battaglione, divenuto nel frattempo 108° Battaglione Fortificazioni campali. [5]
All’alba, purtroppo, il convoglio fu avvistato da un ricognitore e poco dopo attaccato da caccia bombardieri. Fortunatamente eravamo nei pressi di Palestrina e prima di essere colpito ("il treno" ndr) riuscì ad infilarsi nella galleria. Gli aerei bombardarono però la linea ferroviaria davanti e dietro la galleria e rimanemmo quindi immobilizzati. Ci rimanemmo tre giorni e tre notti: furono un incubo, 800 persone al buio con limitatissime possibilità di movimento. [6]
Il 3 gennaio 1944, finalmente si presentò nel pomeriggio una colonna di camion tedeschi. Salimmo a bordo e partimmo. Felici di essere usciti da quella trappola ci mettemmo a cantare. [7]
Non sapevamo la nostra destinazione e guardavamo i cartelli stradali: quando cominciarono a segnalare le distanze, sempre decrescenti, con Venafro, capimmo che era prossima la nostra destinazione, infatti questa località era già stata occupata dagli anglo-americani.
Eravamo a Pontecorvo. Appena saltati a terra alle ultime luci assistemmo ad un duello aereo a bassa quota tra un aereo inglese ed uno tedesco. Purtroppo quest’ultimo ebbe la peggio, prese fuoco e precipitò. Voglio ricordare questo episodio perché mai più vedemmo aerei germanici. Pontecorvo aveva subito in Novembre devastanti bombardamenti aerei e tutta la popolazione era fuggita. [8]
Ci acquartierammo in una grande chiesa situata nella parte bassa della cittadina. L’aveva evacuata pochi giorni prima un reparto della 90 Div. P.Gren.. [9]
La spinta offensiva del nemico stava prendendo forza, comunque per tutta la notte sentimmo il classico fischio delle cannonate che, fortunatamente, passavano sopra l’edificio e scoppiavano sulla collina alle nostre spalle.
Al mattino si presentò un caporale della 90 div. che ci accompagnò appena oltre il ponte sul Liri. Era un curioso ponte curvo che aveva dato il nome alla località. Dietro sue istruzioni (era un ingegnere!) iniziammo la costruzione di un BUNKER. In una buca profonda 4 metri veniva calato un fortino in acciaio di elevatissimo spessore, rinforzare ("rinforzato" ndr) con cemento armato e ricoprire ("ricoperto" ndr) il tutto con la terra.
Fuori restava solo un cannone anticarro su torretta girevole e una postazione ("di una" ndr) mitragliatrice. [10]

Per Pontecorvo, unico ponte sul Liri, transitavano di notte, per sfuggire al controllo aereo, tutti i rifornimenti alle divisioni tedesche che tenevano il fronte dagli AURUNCI alla piana di CASSINO. Era veramente di importanza vitale.
Gli americani, poiché non riuscivano, per la sua ubicazione, a centrarlo con le cannonate dell’ottimo 155, iniziarono sistematici bombardamenti aerei.
Un mattino arrivarono bassi, molto bassi, una ventina di bimotori HALIFAX. Intorno al ponte c’erano tante batterie contraeree. La Flak ottenne una vittoria strepitosa abbattendo una dozzina di aerei: centrati in pieno scoppiavano come zucche o cadevano a terra in fiamme. Alcuni piloti si gettarono col paracadute e vennero presi. [11]
Anche la mia compagnia [12] ne prese uno. Era un canadese che ci disse che la formazione era partita dall’Africa settentrionale e rimase altamente stupito nel constatare che eravamo Italiani.
La dura lezione fece cambiare le modalità del bombardamento; due giorni dopo (? sic! ndr) tutti i giorni verso mezzogiorno arrivavano stormi di quadrimotori che scaricavano da altissima quota: iniziavano 2/3 km prima dell’obbiettivo e finivano 2/3 km dopo. [13]

Il terreno intorno era sconvolto, ma il ponte ed il bunker non vennero mai centrati. [14]

Nel giro di una quindicina di giorni il bunker, per quanto riguardava la nostra opera, era terminato; subentravano ora gli specialisti.
Ci spostammo in direzione di Aquino e ne iniziammo la costruzione di un altro. Purtroppo la ricognizione aerea ci aveva individuato e quotidianamente faceva convergere in quel punto nutritissime salve di cannoni che ci procuravano perdite dolorose.
Quello comunque non fu un bunker fortunato. Come Dio volle finimmo lo sbancamento ma il fortino in acciaio non vi fu calato.
Il trasporto su ruote, un mezzo apposito, nella notte fini fuori strada e il bunker in acciaio scivolò giù dal trasporto sul ciglio della strada e lì rimase.
I primi di febbraio ci trasferimmo dinanzi a Ceprano. Prima curammo la mimetizzazione di un bunker costruiti (sic! ndr) da altri, poi affluirono altre compagnie del 108.
Sotto la guida del solito caporale ingegnere costruimmo una strada nei pressi di S.GIOVANNI IN CARICO dove fu gettato anche un ponte di barche.
Il 15 febbraio assistemmo alla distruzione dell’Abbazia di Montecassino. Per tutto il giorno formazioni su formazioni di bombardieri si accanirono sulla Abbazia. Anche l’artiglieria faceva la sua parte.
Uno spettacolo terrificante.
Il giorno seguente gli alleati passarono all’attacco certi di non trovare più difensori. Trovarono invece i paracadutisti della 1ª Div. che inflisse loro una sonante sconfitta.
Il giorno dopo tutto era finito.
Trascorse un mese di grande tranquillità. Non solo l’artiglieria ma anche l’aviazione sembrava scomparsa.
Unica presenza, di giorno, l’immancabile ricognitore.
La mattina del 15 marzo si scatena l’inferno per Cassino. Formazioni su formazioni di bombardieri scortate da stormi di caccia, si avvicendavano su quella località scaricando tonnellate di bombe.
Verso mezzogiorno anche l’artiglieria inizia il bombardamento tambureggiante di Cassino.
Assistevamo con il cuore in bocca, ritenendo che questa volta riuscissero a passare. I paracadutisti della 1^ Div. fecero però il miracolo anzi alcune formazioni di indiani, neozelandesi e britannici rimasero in trappola e si arresero; con vera soddisfazione vedemmo sfilare lunghe colonne di prigionieri. L’offensiva andò avanti fino al 23 marzo e poi si spense.
Era giunto anche per noi il momento del riposo. Fummo fatti arretrare nelle campagne della Ciociaria a contatto con i contadini che non avevano abbandonato le proprie case.
Alla fine di marzo altro trasferimento.
Ritornammo a Pontecorvo: pensavamo di rioccupare la stessa chiesa, ma invece trovammo altri inquilini. Si trattava di una formazione di Russi-ucraini con le loro rise ("divise" ndr) (esclusa la stella rossa) con i loro carriaggi e il loro armamento. [15]

Noi procedemmo per la strada che conduce ad ESPERIA ed AUSONIA e raggiungemmo S.OLIVA.
Lì dovevamo acquartierarci. Avevamo ancora gli zaini sulle spalle, quando scoppiarono tra di noi diverse granate provocando morti e feriti.
Frugammo febbrilmente tutte le case e dentro una di queste, celato, rinvenimmo un apparecchio rice-trasmittente. Il proprietario era un sottufficiale, in abiti civili, dell’aviazione che aveva segnalato al nemico il nostro arrivo.
Evitò la giustizia sommaria, come pretendevano i camerati dei caduti, e venne consegnato al comando tedesco che lo processò e lo condannò alla fucilazione. [16]

Immediatamente sgombrammo la località e ci trasferimmo sulle pendici degli AURUNCI proprio alle spalle di ESPERIA, completamente deserta. Ci attendammo opportunamente defilati.
Era un posto di avvistamento stupendo.
Davanti c’era la linea del fronte poco avanti a S.GIORGIO A LIRI, PIGNATARO (Pignataro Interamma n.d.r.) e CASSINO.
Alle spalle c’era S.OLIVA dove, in una caverna proprio sopra il paese, i tedeschi avevano insediato una batteria di grossi calibri su rotaie, che aprivano il fuoco più volte al giorno; il colpo, formidabile, provocava uno spostamento d’aria tale da spalancare la mia tenda.
Fummo destinati alla 71^ Div. di fanteria, che controllava il territorio, e destinati a realizzare un progetto ambizioso: una funivia (teleferica n.d.r.), che partendo dal fondo valle raggiungesse le quote più elevate allo scopo di portarvi artiglieria e fortificazioni fino a quel momento completamente inesistenti. [17]
Era noto infatti che quello era il punto più debole del fronte e che, dall’altra parte, c’erano le divisioni di MAROCCHINI e ALGERINI [18], gente feroce abituata a combattere su di un terreno aspro e selvaggio come quello degli AURUNCI.
Si lavorava esclusivamente di notte, nel buio più completo. Ci mettemmo un impegno straordinario tanto che in 10/12 giorni fu allestita la stazione di partenza e altri tre punti vennero congiunti dal cavo in acciaio.
Il 10 maggio venne KESSELRING ad ispezionarci. Era in una campagnola con altri 3 ufficiali e si congratulò con noi per quanto avevamo fatto fino a quel momento.
Nella notte ebbe inizio un bombardamento di artiglieria di intensità inaudita. [19]
Le esplosioni erano così tante che ci si vedeva come di giorno. Erano migliaia di bocche di fuoco. Fortunatamente i proiettili passavano sopra di noi e si scaricavano sul monte alle nostra spalle.
Quella musica andò avanti qualche giorno quando dal comando della 71ª ricevemmo l’ordine di far saltare tutto quanto avevamo fatto.
Ci recammo ancora una volta tra quei monti e con la dinamite distruggemmo il nostro lavoro.
Verso sera iniziammo il ripiegamento.
L’ordine era di raggiungere PICO, ma dovevamo arrivarci scalando i monti per raggiungere la strada che da ITRI porta a PICO.
Prima partirono i feriti e i malati; purtroppo c’era ancora troppa luce tanto che vennero ripetutamente mitragliati da aerei nemici. Anche la mia squadra era sul punto di muoversi quando comparve un ufficiale: era al comando di autoambulanze cariche di feriti. Le voragini apertesi sulla strada ne impedivano il passaggio.
Chiese 10 volontari; ne trovò 12.
Ci accompagnò sul luogo raccomandandoci di guardarlo, ci avrebbe fatto sapere lui quando fosse il caso di saltare nelle buche.
Lavorando febbrilmente rovesciammo dentro di tutto: automezzi, autoambulanze sventrate, cadaveri, pietre e terra.
La colonna, con il suo carico di feriti, poté riprendere il suo viaggio; quel giovane ufficiale volle stringere la mano ad ognuno di noi.

A gruppi di 2 o 3 al massimo iniziammo a ritirarci. Camminando tutta la notte, all’alba eravamo a PICO. Il paese, sottoposto a bombardamenti senza interruzione, era un inferno.
Trovammo rifugio al cimitero e li ci riposammo.
Accanto c’erano alcune tende della Croce Rossa e trovammo un ufficiale medico italiano.
Era stravolto: non dormiva da 72 ore.
Ricevemmo l’ordine di un nuovo ripiegamento.
Il nuovo punto di raccolta era FROSINONE.
Si camminava esclusivamente di notte allo scopo di sottrarci agli aerei da caccia che, come ho sperimentato personalmente, si accanivano anche contro uno o due soldati.
Giunti a Frosinone trovammo la città che aveva appena subito un terribile bombardamento aereo: c’erano macerie ovunque e anche tanti cadaveri.
Proseguimmo per ALATRI e GUARCINO dove incontrammo il raggruppamento corrazzato H.G. (Hermann Goering n.d.r.) che si trasferiva dal fronte di ANZIO a quello più a sud.

Era impossibile, in quei frangenti, poterci riorganizzare e di conseguenza il nostro obbiettivo immediato era quello di sfuggire all’accerchiamento.
A marce forzate raggiungemmo FILETTINO GRAZIANI e poi SUBIACO, ARSOLI, CARSOLI e RIETI che presentava i segni di recentissimi bombardamenti.
Di lì a TERNI e finalmente PERUGIA, precedendo di 3 o 4 giorni le truppe angloamericane. [20]

Perugia, 10/12/1993

Giancarlo Poletti

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Note

  1. ^ ACTA, Bimestrale culturale scientifico informativo della Fondazione della R.S.I. - Istituto Storico, anno XX – n.3 settembre-novembre 2006, pagg. 4, 5.
  2. ^ Sandro Busatti a cura di, "DIARIO DI GUERRA - Sergente A.U.C. Franco Busatti", in www.dalvolturnoacassino.it
  3. ^ Una rara eccezione è rappresentata da quanto scrisse Attilio Tamaro nella sua opera "Due anni di storia": "Si costituiscono altresì alcuni battaglioni di elementi specializzati in fortificazioni campali, appena vestiti, senza adeguato addestramento, furono avviati al fronte, dove spesso, sotto i colpi dell’artiglieria anglo-americana, diedero il loro contributo di fatica e sangue alla battaglia per Roma.". Attilio Tamaro, "Due anni di storia : 1943-45", Roma, Tosi, 1948-49 (Volpe, 1981, nuova edizione a cura di A. Giovannucci), pag. 277.
  4. ^ Nel diario di Franco Busatti la partenza è indicata alla mattina del 4 gennaio 1944: "Corre voce che partiremo presto, verso Frosinone; lo escludiamo perché andremmo verso il fronte e i reparti non sono idonei ad una cosa del genere. Infatti sveglia alle 23 del 3 Gennaio I944 (neve e gelo) e partenza alle 4 del 4 Gennaio dalla stazione ferroviaria di Perugia Fontivegge.". Cfr. Sandro Busatti a cura di, op. cit.
  5. ^ Queste unità furono inizialmente indicate dai tedeschi come "Bau-Bataillon"; con il passaggio dall’amministrazione militare tedesca a quella della RSI cambiarono denominazione.
  6. ^ Episodio descritto anche nel diario di Franco Busatti: "6 Gennaio 1944 - E' la mattina della Befana. Il treno è fermo in galleria, dicono che l'imbocco nord è bloccato dall’esplosione di una bomba d'aereo che per poco non ha "pizzicato" il treno. Tre giorni di sosta in galleria.". Cfr. Sandro Busatti a cura di, op. cit..
  7. ^ Nel diario di Franco Busatti il trasbordo sui camion è indicato al 9 gennaio 1944: "... Stamane alle ore 9, sempre cielo limpido, raggiungiamo a piedi la strada statale Casilina e prendiamo posto in una bella autocolonna di autocarri tedeschi.". Cfr. Sandro Busatti a cura di, op. cit..
  8. ^ Costantino Jadecola, "1 NOVEMBRE 1943, PONTECORVO VIENE ‘COVENTRIZZATA’", in www.dalvolturnoacassino.it.
  9. ^ 90.Panzergeranadieren-Division
  10. ^ L’autore forse si confonde. Oltre alle torrette di Pantera ("Panterthurm"), esistevano delle casematte in acciaio per mitragliatrici.
  11. ^ Il bombardiere inglese "Halifax" era un quadrimotore. La notizia di dodici aerei abbattuti in un solo giorno sulla Valle del Liri non trova conferme in altre fonti.
  12. ^ 108° Btg. 1ª compagnia, 3° plotone, 6 ª squadra.
  13. ^ In quel periodo, sul fronte della 5a Armata agirono quasi sempre aerei americani, soprattutto delle forze aeree tattiche. L’elenco delle incursioni aeree americane (12a e 15a AF) su Pontecorvo e sulla zona, eseguite nel mese di gennaio del 1944, è contenuto nel sito: http://www.airforcehistory.hq.af.mil/PopTopics/chron/44jan.htm.
    La maggior maggior parte degli attacchi aerei venne eseguita da bombardieri leggeri e caccia-bombardieri; solo in poche occasioni intervenne l’aviazione strategica con i B 17 e i B 24. Riportiamo l’elenco delle azioni su Pontecorvo estratte dal documento citato:
    • 14/01/1944, 12a AF "B-25 centrano il ponte di Pontecorvo. ... .";
    • 20/01/1944, 12a AF "B-26 bombardano Viterbo e attaccano un ponte a Pontecorvo. ...";
    • 21/01/1944, 12a AF "... . B-25 bombardano alcuni punti intorno a Roma e di seguito attaccano il ponte di Pontecorvo. ... .";
    • 22/01/1944, 15a AF "B17 e B24 senza scorta bombardano Terni, Arezzo, Pontedera, incroci stradali e ferroviari a Frascati, strada a Terracina, il ponte e la città di Pontecorvo. ... ."
    • 23/01/1944, 15a AF "B17 bombardata la strada del ponte a Pontecorvo... ."
  14. ^ E’ parzialmente vero. Il ponte fu danneggiato più volte, tanto che i tedeschi lo ripararono con incastellature in legno, definitivamente distrutte nel maggio 1944.
  15. ^ Nelle immediate vicinanze della Linea Gustav, e probabilmente della Linea Hitler, furono presenti almeno sei battaglioni dell’Est, adibiti prevalentemente alla costruzione delle opere fortificate; tre di essi, il 560, il 616 ed il 620, sicuramente nelle retrovie di Cassino. Cfr. Alberto Turinetti di Priero, "LA PRESENZA DI MILITARI RUSSI SULLA LINEA GUSTAV", in www.dalvolturnoacassino.it.
    Una curiosità: i russi, di qualsiasi reparto essi fossero, portavano uniformi tedesche. La divisa color marrone, vagamente russificante, era propria dei reparti slovacchi, anch’essi presenti nella zona.
  16. ^ Da un’indagine svolta in loco dallo storico Costantino Jadecola, non risulta che un simile episodio sia rimasto nella memoria dei civili. Ciò non toglie che esso abbia un fondamento di verità. Questo sottufficiale dell’Aeronautica italiana poteva far parte di una delle numerose missioni alleate che operarono nelle retrovie della Linea Gustav.
  17. ^ Anche Franco Busatti, nel suo diario, annota questa cosa in data 15 aprile 1944: "Sappiamo che il giorno dopo Pasqua la 1° Compagnia è stata trasferita verso Esperia, sembra per lavori ad una teleferica."; Cfr. Sandro Busatti a cura di, op. cit.
    Si veda inoltre: Bruno Ghigi Editore, "LA TRAGEDIA DELLA GUERRA NEL LAZIO - Linea Dora, la battaglia di Esperia", pag. 468 o estratto in www.dalvolturnoacassino.it: "La progettazione della fortificazione degli Aurunci è documentata, inoltre, dalla presenza del materiale ritrovato dopo il 1944 ammucchiato presso la casetta rossa, nella zona di Usciano. Era macchinario che doveva trasportare a Monte Petrella materiale edile e bellico e tutti i mezzi necessari per la difesa."
  18. ^ L’autore forse risente delle conoscenze acquisite nel dopoguerra. Infatti a quel tempo, cioè prima dell’offensiva alleata di maggio, ai tedeschi non era affatto nota la presenza dei nordafricani sul Garigliano.
  19. ^ E’ iniziata l’operazione "Diadem".
  20. ^ Il reparto ha subito il completo disgregamento; situazione rilevabile anche da un passaggio del diario di Franco Busatti: "30 Maggio 1944 - Scrivo da Vico... . Ogni tanto qualche nostro uomo stanco, malridotto, isolato, senza viveri, senza ordini, senza superiori senza niente. Vanno avanti inebetiti, per forza d'inerzia. Se ne vedono sempre meno. Salgono sul primo camion tedesco che capita e se ne vanno, verso nord. ... .". Cfr. Sandro Busatti a cura di, op. cit.
  21. Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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