Terza battaglia per Cassino (15-24 marzo 1944)

Operazione "Dickens"

Dopo la fine della seconda battaglia, gli stati maggiori alleati iniziarono a preparare un nuovo piano strategico per oltrepassare la Linea Gustav nel quale sarebbero state coinvolte forze sia della 5a Armata americana sia dell’8a Armata britannica. Si stabilì che la nuova offensiva non sarebbe iniziata prima della metà di maggio, non solo per permettere alle unità di organizzarsi, ma anche per disporre di condizioni meteorologiche favorevoli e del terreno asciutto e compatto per un migliore utilizzo dei reparti corazzati.

Mentre l‘operazione era allo studio, il generale Freyberg ottenne l’autorizzazione ad effettuare un nuovo attacco limitato per occupare Cassino e Montecassino. L’idea consisteva nell’effettuare un bombardamento a tappeto sulla città di Cassino per annientare le difese tedesche. Successivamente, i neozelandesi avrebbero attaccato direttamente la città, seguendo la stessa direttrice da nord utilizzata dagli americani in gennaio.
Una volta occupata la parte nord dell’abitato, la divisione indiana avrebbe iniziato un attacco in salita dalla città verso l'Abbazia.
I generali al livello più alto non nutrivano eccessiva fiducia nel piano di Freyberg, ma acconsentirono ad esso perché un eventuale successo avrebbe reso disponibile una base di partenza nella valle del Liri da utilizzare nella futura grande offensiva, mentre in caso di insuccesso le perdite sarebbero state solo delle divisioni neozelandese e indiana (che comprendeva solo alcuni reparti inglesi, essendo la maggior parte della truppa di provenienza colonica).

Il bombardamento di Cassino

In aderenza al piano del generale Freyberg, l’assalto della fanteria fu preceduto da uno spaventoso bombardamento aereo su Cassino e i paracadutisti tedeschi che in essa erano asserragliati. Dopo le squadriglie aeree, anche l’artiglieria aprì il fuoco e solo fino alla sera del 15 marzo questa sparò oltre 195.000 granate.
Secondo una stima successiva, ogni difensore della città ricevette circa quattro tonnellate d esplosivo; nonostante ciò i paracadutisti tedeschi sopravvissero in gran numero sfruttando i rifugi sotterranei e una grande caverna ai piedi di Montecassino. I crateri delle bombe e le macerie cambiarono l’aspetto dei luoghi e la mobilità sul terreno fu ridotta notevolmente.

L'attacco

Appena terminato il bombardamento aereo la fanteria mosse in avanti. La 2a Divisione neozelandese aveva il compito di occupare le macerie della città partendo da nord. Dopo l’occupazione del castello di Rocca Janula - una costruzione medievale che domina la città - i battaglioni della 4a Divisione indiana dovevano arrampicarsi fino all’Abbazia ed espugnarla.
I neozelandesi combatterono duramente contro una inaspettata resistenza offerta dai pochi paracadutisti tedeschi che erano sopravvissuti al bombardamento. I carri armati attaccanti furono bloccati dalle macerie e poterono dare solo un appoggio limitato alla fanteria. Nonostante tutte le difficoltà e le pesanti perdite, dopo tre giorni di combattimento i neozelandesi avevano raggiunto e occupato il castello di Rocca Janula e la stazione ferroviaria di Cassino. Ma il nocciolo duro dei paracadutisti resisteva contro ogni assalto nella zona dell’Hotel Continental, ai piedi di Montecassino. A causa delle macerie, gli scontri si frazionarono a livello di squadra. I neozelandesi dovevano combattere per occupare singole stanze degli edifici demoliti, mentre i tedeschi avevano ampie possibilità di occultamento e quindi di tendere imboscate al nemico.
Nell’abitato di Cassino i combattimenti durarono fino al 24 marzo 1944, poi i neozelandesi furono costretti a sospendere gli attacchi: i tedeschi avevano retto l’urto contro ogni aspettativa.

Nel frattempo, il 15 marzo, le truppe della 4a Divisione indiana vissero una particolare odissea nel tentativo di occupare l’Abbazia. Il piano prevedeva di raggiungere una serie di obbiettivi disseminati lungo la montagna fino a Montecassino. Avanzando a tergo delle truppe neozelandesi, i battaglioni indiani dovevano per prima cosa prendere in consegna il castello di Rocca Janula. Poi dovevano conquistare due curve a gomito della strada che sale al monastero per poi puntare sulla cosiddetta "collina del Boia", quota 435. Da quest’ultima posizione sarebbe partito l’attacco diretto a Montecassino.
Nelle notti e nei giorni seguenti gli indiani occuparono la prima delle due curve a gomito, ma nonostante i ripetuti assalti non riuscirono a mettere piede in modo stabile sulla seconda curva. Mentre avvenivano questi attacchi, nel corso di due notti un intero battaglione di Gurkha riuscì ad aggirare l’ostacolo e ad occupare la "collina del Boia".
Si era creata una situazione paradossale: i Gurkha erano prossimi all’obbiettivo finale, ma erano isolati. I rinforzi dovevano arrivare dal castello, ma non potevano muoversi in forze perché i tedeschi controllavano ancora la seconda curva.
Il generale Heidrich, comandante della 1a Divisione paracadutisti tedesca, si rese conto della crisi nel dispositivo della divisione indiana e ordinò un contrattacco verso il castello di Rocca Janula.

All’alba del 19 marzo 1944 un battaglione di paracadutisti scese dall’Abbazia e assalì il castello. Fu una battaglia in stile medievale: gli attaccanti raggiunsero le mura e tentarono di scalarle o di demolirle con l’esplosivo. Dall’interno, la guarnigione formata in massima parte da soldati di un battaglione inglese si difese disperatamente.
I paracadutisti attaccarono inutilmente il castello per quattro volte, anche con forze provenienti dalla città, furono decimati, ma mandarono in aria i piani alleati per quel giorno. Infatti quel battaglione inglese aveva appena iniziato ad inviare le sue truppe in rinforzo ai Gurka sulla "collina del Boia" per poi assalire l’Abbazia. Anche il battaglione inglese fu decimato e l’attacco verso l’Abbazia fu annullato.

L’ultimo atto di quella difficile giornata del 19 marzo si consumò tra le colline a nord dell’Abbazia. Gli Alleati avevano progettato un attacco con i carri armati da effettuarsi in contemporanea all’assalto della fanteria Gurkha e inglese dalla "collina del Boia" verso l’Abbazia. Poiché, come abbiamo visto, quest’ultimo assalto non si verificò mai, sarebbe stato sensato annullare anche l’azione con i carri armati. Ma per quei fatali disguidi che si verificano spesso in guerra, nessuno informò i carristi ed essi si avviarono al loro destino.

La formazione corazzata era composta da squadroni indiani, neozelandesi e americani per un totale di 35 mezzi. I tedeschi rimasero esterrefatti nel veder spuntare dal nulla quei cerri armati, ritenevano impossibile il loro impiego tra le montagne, ma presto si accorsero che gli attaccanti erano sprovvisti di fanteria di appoggio. Così i paracadutisti tedeschi misero in atto le tattiche di attacco ravvicinato ai veicoli corazzati e la battaglia fu durissima. Per alcune ore i carri armati attaccarono la Masseria Albaneta, una grande fattoria che costituiva un forte caposaldo tedesco. Alcuni mezzi si diressero verso l’Abbazia, ma furono distrutti prima che potessero avvicinarvisi.
Quando l’attacco fu sospeso 25 carri armati alleati erano stati distrutti o danneggiati e abbandonati.

Come già accennato, i combattimenti nella Cassino distrutta continuarono fino al 24 marzo 1944. I neozelandesi non riuscirono a respingere i paracadutisti tedeschi fuori dalle macerie e la terza battaglia si concluse con un altro insuccesso per gli alleati.

Immagini

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Collegamenti

Ringraziamenti

A Livio Cavallaro per la disponibilità ed il supporto nella realizzazione di queste pagine.

La fotografia: uomini del Durham Light Infantry attraversano le rovine di Cassino nei pressi di quello che fu l'Hotel Des Roses.