LA DISTRUZIONE DELL'ABBAZIA DI MONTECASSINO NEL DIARIO DELLA U.S. CANNON COMPANY, 133rd INFANTRY REGIMENT
Data: 01/02/2009Autore: ALBERTO TURINETTI DI PRIEROCategorie: TestimonianzeTag: #febbraio 1944, artiglieria, bombing, montecassino-abbazia, unità-reparti, usa

LA DISTRUZIONE DELL'ABBAZIA DI MONTECASSINO NEL DIARIO DELLA U.S. CANNON COMPANY, 133rd INFANTRY REGIMENT

Il 15 febbraio 1944 si svolse uno dei drammi più discussi della II guerra mondiale e la distruzione dell’Abbazia di Montecassino è stata oggetto di polemiche che dal dopoguerra ad oggi non si sono ancora del tutto sopite.
Attraverso documenti e testimonianze, oggi si conosce fin nei minimi dettagli la genesi delle discussioni fra i comandi alleati che portarono alla decisione di effettuare i bombardamenti aerei.
Oggi, al contrario di quanto si suppose allora, si posseggono prove inoppugnabili che all’interno del Monastero, in quel giorno, non c’erano soldati tedeschi, ma solo monaci benedettini e molti civili che vi si erano rifugiati.
C’è però un particolare di quella terribile giornata che sfugge.

Perché, durante e dopo il bombardamento aereo, alcune batterie d’artiglieria americane ricevettero l’ordine di sparare contro le rovine fumanti dell’Abbazia?

Certamente l’ordine non fu emanato per aumentare l’ammasso di macerie, ormai perfettamente visibile dagli osservatori, e nemmeno per un sadico piacere di partecipare ad una sorta di gara con l’aviazione.
Quelle granate caddero su quell’obbiettivo a causa della convinzione che i Tedeschi occupassero lo storico edificio, come è scritto nel diario storico di un reparto dell’U.S. Army: "The Unit Journal of Cannon Company, 133rd Infantry", la compagnia cannoni del 133th Infantry Regiment, della 34th Infantry Division, i famosi "Red Bulls". [1]

Il 1° gennaio 1944, la compagnia era a riposo a Presenzano sotto una fitta nevicata.
Il 18 gennaio, un martedì, essa venne trasferita dalle retrovie nella zona di Cervaro, paese già fortemente lesionato dai bombardamenti alleati e che sarà colpito più volte dall’artiglieria tedesca.
Verso le 5 del mattino tutti i veicoli transitarono attraverso l’abitato, dove la colonna venne diretta su una stretta strada in salita, verso destra. Dopo circa un miglio raggiunse quella che era la posizione prescelta, nelle vicinanze di una grande chiesa e di un cimitero. [2]
Al sorgere dell’alba si poté scorgere un vasto panorama della piana di Cassino e delle montagne occupate dal nemico:
Proprio sotto la montagna di fronte – è scritto sul diario - c’è la città di Cassino, dove possiamo vedere le case. Sulla punta della collina sopra Cassino, c’è l’Abbazia che si vede molto piatta ed è lì che il nemico ha il suo posto di comando. [3]

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Un’affermazione che conferma come fosse diffusa tra i soldati americani, e poi inglesi e neozelandesi, la convinzione che il Monastero fosse occupato dai Tedeschi e che costituisse quindi una minaccia letale.

Gli artiglieri scavarono buche ed eressero protezioni, ed alle 9,45 fu ordinata una salva di tre colpi per ogni pezzo. Il punto di mira era una casa isolata sulla sinistra di Cassino, dalla quale si videro fuggire sei soldati tedeschi.
La giornata passò tranquilla, ma alla sera alcune granate nemiche arrivarono vicine.

Il 19 venne colpito il primo obbiettivo segnalato, una colonna someggiata che stava salendo verso Montecassino. Uomini e muli vennero dispersi, ma non fu possibile calcolare le perdite effettive.

Il 21 fu dato però l’ordine di cambiare la posizione, troppo esposta.
La compagnia si mosse alle 19,10, nel buio totale; la strada era molto stretta e davanti ad ogni automezzo fu messo un uomo per guidare l’autista.
Dopo circa un’ora i primi veicoli arrivarono a destinazione, ma i pezzi furono piazzati solo dopo essere stati trainati dalle "Jeeps", perché i grossi automezzi 6x6 non potevano manovrare. Due veicoli carichi di munizioni non riuscirono nemmeno ad arrivare: per la cronaca, il primo ad uscire di strada era guidato dal soldato Raymond C. Dahondt, il secondo dal caporale Franklin A. Seibert.
Siamo – è scritto sul diario – all’estremo fianco sinistro della nostra divisione. (...) Queste posizioni sono il meglio che abbiamo mai avuto, perché i cannoni sono defilati ed abbiamo un ampio fronte per la batteria. [4]

Tenendo presente il tempo necessario a raggiungere la nuova posizione, circa un’ora, ma anche le tante difficoltà incontrate, essa doveva essere molto vicina alla precedente, ad una quota più alta, ma a non più di 2 Km. a Nord di Cervaro, in direzione di San Michele.

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Il comando della compagnia si sistemò nella cantina di una delle case della zona, tra l’altro piene di civili con i quali si instaurò un buon rapporto. Quando pioveva, cosa che succedeva spesso, molti soldati andavano nella casa di "Tony" ad asciugarsi davanti ad un camino, mentre la moglie ed i figli li aiutavano a pulire i panni fradici.
Subito dietro la casa del comando c’era il posto di osservazione, collegato via radio agli ufficiali distaccati come osservatori presso i tre battaglioni del reggimento.
Gli obici intervenivano ogni volta che ne era richiesto l’impiego, quasi sempre a sostegno di attacchi della fanteria, spesso su singoli obbiettivi, fino alla postazione di una sola mitragliatrice o di un bunker avvistato dagli osservatori avanzati.

Negli intervalli i pezzi, divisi in sezioni di due, sparavano ad intermittenza sulle postazioni tedesche, in turni programmati con le altre batterie della zona, in modo tale che il fuoco fosse continuo, di notte e di giorno. I pezzi dei due plotoni della batteria erano puntati soprattutto sulla città di Cassino, sulla Rocca Janula, il "Castle", ma anche nel vallone subito a Nord di Rocca Janula.
Gli obbiettivi ed i relativi piani di tiro furono perfezionati col passare dei giorni e le tavole di tiro furono orientate su trenta punti di concentramento, numerati da 1 a 30: il 19, per esempio, era la Rocca Janula, il 22 era il burrone a Nord della stessa; altri erano singole case sulla montagna o nella pianura, alcuni fabbricati di Cassino, fra i quali la prigione, o incroci stradali, persino all’interno della città.
Anche se la valle del Rapido era sovente coperta da una fitta nebbia, naturale o artificiale, era così possibile battere qualsiasi obbiettivo fosse richiesto.

Il 30 gennaio, il tenente Raner, uno degli osservatori avanzati vicino al Rapido, chiese urgentemente di intervenire contro un semovente tedesco che gli aveva appena sparato contro. L’ufficiale era al primo piano di una casa ed una granata aveva distrutto un angolo della costruzione. Sceso con la sua squadra al pian terreno, aveva richiesto il tiro, ma alla batteria non fu possibile verificare il risultato per la perdita del contatto radio.

Il 5 febbraio, il diario registra ben tre incursioni di aerei tedeschi, fra le pochissime subite in quel mese dalle truppe alleate schierate davanti a Cassino.
La prima alle 13,30, quando otto aerei spuntarono improvvisamente dalla cresta della montagna dietro a Cassino e sganciarono le bombe alla periferia della città, dove si trovavano molti carri armati.
Alle 14,15 ne spuntarono altri cinque, ma sganciarono singole bombe sul fianco della montagna, proprio sulla linea del fronte che le truppe americane avevano raggiunto.
Alle 17,10, altri aerei tedeschi sorvolarono il fronte, volando sulla valle dietro la batteria e tutta la contraerea aprì il fuoco. Gli aerei virarono e tornarono verso Nord, inseguiti dal fuoco contraereo molto vicino. Non sganciarono nessuna bomba, evidentemente disturbati dall’intenso sbarramento che si era scatenato.

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Il 6 febbraio fu segnalato un carro armato nemico che si era interrato dietro al "Castle", sulla strada che sale verso Montecassino. Venne aperto un fuoco "consistente", ma arrivò l’ordine di sospenderlo, perché era quasi impossibile colpirlo. Due giorni dopo però, l’8 febbraio, il diario registra che
"questa mattina uno degli uomini del 100° battaglione ha messo fuori combattimento un carro nemico con un ‘bazooka’, il secondo della giornata. Il carro stava sparando dalla strada che sale all’Abbazia." [5]

GERHARD E LO STUG III DI ROCCA IANULA

Roberto e Alessandro incontrano Gehrard, un reduce tedesco, e dai suoi racconti traggono inedite e molto interessanti notizie circa la presenza di uno SturmGeschutz III vicino a Rocca Ianula durante la terza battaglia di Cassino.

09/05/2003 | richieste: 14830 | ROBERTO MOLLE
ARTICLES IN ENGLISH | Testimonianze | #marzo 1944, #today, nippo-americani, rocca-janula, sturmgeschutz

Durante tutto il periodo delle offensive americane, dal 22 gennaio al 12 febbraio 1944, la compagnia fu impegnata giorno e notte nell’appoggiare i ripetuti attacchi sul Rapido, verso Cassino e verso Rocca Janula.
Di giorno, prevalentemente su singoli obbiettivi segnalati dagli osservatori o richiesti dai comandi dei reggimenti, di volta in volta impegnati nei combattimenti, oppure nel creare cortine di nebbia artificiale per coprire compagnie in difficoltà; di notte, partecipando all’intenso fuoco di sbarramento al quale prendevano parte decine e decine di altre batterie.

Nel diario non mancano i racconti di episodi buffi o di disavventure andate a lieto fine.
L’11 febbraio è ancora il tenente Raner, che sarà ferito qualche giorno dopo, a raccontare. Quel giorno aveva deciso di entrare in una casa senza il tetto per consumare il "Breakfast" con il suo aiutante. Vi trovarono un tavolo e delle sedie e pensarono bene di accomodarsi, ma, mentre cominciavano a mangiare, piovve dal cielo una granata da mortaio che centrò il tavolo, rotolando su di esso e cadendo per terra.
Fortunatamente non esplose, ma subito dopo un soldato della compagnia "M" entrò trafelato dalla porta, chiedendo se avevano appunto visto una bomba da mortaio: l’avevano sparata senza armare la spoletta e con una carica sbagliata!
Il soldato la esaminò con cura, la prese in mano, se la mise sotto il braccio e se ne andò.

d ecco arrivare il 15 febbraio 1944.

Dal diario della Cannon Company, 133rd Infantry:

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"Questa mattina soffia un leggero vento in quota; oggi la visibilità è la migliore che ci sia mai stata su questo fronte. La prima missione di fuoco è su alcune case di Cassino città.

Alle 9,10 il capitano Karlson (il comandante della compagnia n.d.r.) sale all’osservatorio della compagnia e diffonde la voce che i nostri bombardieri pesanti colpiranno l’Abbazia di Montecassino, un obbiettivo sul quale non abbiamo mai potuto dirigere il fuoco. Il bombardamento inizia alle 9,30 e il capitano ha portato dei binocoli speciali ed una macchina fotografica.

09,25. Appare la prima formazione di bombardieri; sono B-17 'Fortezze Volanti' e sono molto alti. Le scie di vapore dei bombardieri sono molto ben visibili e segnalano chiaramente il loro percorso. In questo gruppo ce ne sono 34. I bombardieri sganciano il loro carico sull’Abbazia, realizzando molti impatti diretti, e lungo la cresta sulla destra. Le nostre truppe che la occupavano sono state ritirate. Grosse volute di fumo nero nascondono l’Abbazia alla vista.

09.40. Arriva il secondo gruppo di bombardieri pesanti e molte bombe cadono dritte sull’Abbazia e sulla piccola casa a sinistra della stessa, che si pensa essere un traliccio di sostegno di una teleferica, ma non ne siamo sicuri. [6] Come i bombardieri virano e tornano indietro, il capitano decide di far puntare il tiro del 1° plotone sull’Abbazia, nel caso in cui in seguito fossimo chiamati a concentrarlo su quell’obbiettivo; questa è una mossa molto ben azzeccata. Potremo vedere le nostre granate cadere sull’Abbazia.

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10.10. Spunta la terza ondata, questa volta di bombardieri medi che non volano così alti come quelli dei primi due gruppi. Una squadriglia scarica le bombe sul 'Castle' sotto l’Abbazia, gli altri piazzano molte bombe sul Monastero. A questo punto la cupola dell’Abbazia è completamente demolita e attraverso una delle finestre sembra di scorgere del fuoco.

10.40. Arriva un’altra ondata di bombardieri, ma questa volta sganciano bombe incendiarie e molte cadono sui versanti della collina, provocando tanti piccoli incendi nell’Abbazia ed attorno ad essa. Durante l’intervento delle 10.10 un lato dell’Abbazia è stato completamente distrutto.

(...) Alle 13.05 è tornato un altro gruppo di bombardieri medi; diciotto dei bombardieri volano in formazione molto serrata con altri sei che li seguono. Questa volta quasi tutte le bombe centrano il bersaglio, nessuna sui pendii della collina, e trasformano l’Abbazia in un grande vulcano, riducendo alla resa quello che una volta era un orgoglioso edificio.

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Alle 13.25 un’altra formazione di 24 bombardieri medi; questa volta sembra che l’obbiettivo siano le costruzioni più a sinistra dell’Abbazia e molte di loro prendono fuoco.

Proprio in quei momenti osserviamo le granate nemiche che cadono attorno alla strada alla nostra destra, ai piedi della montagna. Possiamo facilmente vedere le nostre truppe correre sulla strada e raggiungere le case di Cassino. Due delle 'Jeeps' parcheggiate lungo la strada prendono fuoco ed il nemico comincia a tirare granate a spoletta programmata (air burst) che scoppiano a circa dodici piedi sopra la strada. Se uno poteva definire il tiro dell’artiglieria nemica magnificamente preciso, questo era un esempio. Circa quindici minuti dopo spunta fuori un’ambulanza e prende a bordo quelli che giudichiamo essere circa otto feriti.

14.10 Sullo sfondo del cielo molte truppe nemiche sono viste scappare dall’Abbazia verso la casa alla sinistra. Chiediamo di eseguire il concentramento che abbiamo preparato sull’Abbazia, dando il bersaglio a '300 a sinistra'. E’ un vero spettacolo vedere gli uomini correre verso la casa, sentire l’ordine che possiamo sparare contro di loro, sentire i nostri cannoni reagire e nel corso di un minuto gli uomini sulla collina che realizzano come i colpi siano destinati a loro. Molte granate cadono nell’area, ma, prima che lo stessimo facendo, era entrata in azione anche l’artiglieria pesante che aveva individuato quell’obbiettivo e stava spazzando l’area. Il capitano Karlson corre su e giù dal comando di compagnia all’osservatorio per aiutare a dirigere il fuoco.

15.20. Di nuovo osserviamo molte truppe nemiche che lasciano l’Abbazia e chiediamo di ripetere il concentramento, questa volta con migliori risultati nell’area immediatamente vicina, vedendo alcuni uomini cadere. L’artiglieria più pesante riprende il fuoco più lontano; qualcosa dalla parte nascosta della collina è sotto il fuoco, ma non possiamo vedere cos’è. Più volte chiediamo salve di sei colpi, correggendo l’elevazione e l’angolo di tiro, 'strigliando' l’area su ogni nemico che possa esserci. [7]

(...) Nelle 24 ore trascorse il 1° plotone ha sparato 1283 granate ed il 2° ne ha sparate 580, per un totale di 1.863 colpi."

Continua il diario della "Cannon Company":

"16 febbraio, mercoledì: “Un’altra giornata chiara, ma abbastanza fredda.”"

Dall’osservatorio fu ordinato di dirigere il fuoco su Cassino, ma l’unico obbiettivo che apparve in tutto il giorno fu un camion che stava lasciando la città. Venne concentrato il fuoco su di esso, ma il veicolo mantenne la sua rotta.

"Dopo pranzo il soldato di prima classe Vincent J. Di Gilaramo sale all’osservatorio della compagnia con il capitano Karlson: l’Abbazia deve essere di nuovo bombardata nel pomeriggio. I primi aerei sono i nostri A-26 ‘Invader’, bombardieri d’attacco al suolo, che centrano il bersaglio molte volte. Altri otto nel pomeriggio. Il rombo delle esplosioni arriva chiarissimo..." [8]

Poi venne ripresa la vita quotidiana, con i soliti camion tedeschi che cercavano di lasciare la periferia di Cassino lungo la Casilina; uno venne colpito e prese fuoco.
Ma non era ancora finita...

Il mattino del 17 febbraio la piana di Cassino era immersa nella nebbia e non c’erano obbiettivi visibili da colpire, ma nel primo pomeriggio l’attenzione degli artiglieri fu attratta da un nuovo attacco aereo sull’Abbazia.
Erano sei A-36 "Apache", bombardieri in picchiata, seguiti alle 14.50 da altri sei.
Alle 17,15 lo spettacolo si ripeté con altri dodici aerei che scaricarono le bombe sul Monastero.
Soltanto alle 17,40 il tenente Hooghkirk, uno degli osservatori avanzati, chiese un intervento sulla Casilina, alla periferia di Cassino, dove erano stati avvistati due camion nemici parcheggiati, uno dei quali fu colpito ed incendiato.
Alle 20,00 iniziò un grande bombardamento che si sviluppò alla sinistra della compagnia e si sparse la voce che i Britannici avrebbero iniziato un grande attacco nella notte.

La Cannon Company del 133rd Infantry Regiment lasciò il fronte il 22 febbraio per un periodo di riposo ad Alife, dopo aver sparato 22.200 granate. Quindi fu trasferita a Napoli per un ciclo di addestramento e sbarcò ad Anzio il 25 marzo 1944.

Erano dunque soldati tedeschi coloro sui quali spararono le batterie americane in quel 15 febbraio?

Quei "tedeschi" che gli osservatori d’artiglieria americani vedevano uscire a frotte dalle rovine dell’Abbazia erano proprio militari nemici o non piuttosto i civili italiani superstiti che cercavano di scendere verso valle per sfuggire all’annientamento?

Nonostante siano passati più di sessant’anni, non esiste ancora uno studio particolareggiato sui civili che avevano trovato rifugio all’interno dell’Abbazia.
Oggi non se ne sa nemmeno il numero, forse più di 1.000; non esiste neanche una stima plausibile del numero delle vittime.
I ricordi sono legati solo a singole testimonianze, che riguardano una persona od il suo gruppo familiare, pubblicate un po’ dovunque, particolarmente in cronache o memorie locali.
L’unico dato certo riguarda lo sparuto gruppo di monaci e civili che lasciarono l’Abbazia il mattino del 17 febbraio:

"Escono tutti dal monastero, siamo forse una quarantina in tutto, in colonna, i malati e i bambini proseguono come possono." – scrive nel suo diario Don Matronola. [9]

Eppure devono essere stati in tanti a precipitarsi fuori dalle rovine appena lo giudicarono possibile, già nel pomeriggio di quel 15 febbraio, cercando di fuggire da quella che in poche ore si era trasformata in un’immensa tomba.

I BOMBARDAMENTI DI MONTECASSINO E CASSINO IN UNA TESTIMONIANZA DEL MARZO 1944

The bombings of Montecassino and Cassino in a report of March 1944.

15/05/2008 | richieste: 4386 | PIERRE ICHAC
Testimonianze | #febbraio 1944, #marzo 1944, bombing, cassino, montecassino-abbazia

Le facciate ad Est ed a Sud del Monastero erano completamente crollate lungo il pendio della montagna e non era impossibile scendere attraverso le macerie.
I pezzi della compagnia americana erano piazzati a circa 7.000 metri in linea d’aria dal Monastero ed era senz’altro possibile, tanto più se con potenti binocoli fino a 20 ingrandimenti, scorgere qualsiasi movimento su Montecassino. [10]
Era proprio quello l’obbiettivo degli inconsapevoli artiglieri americani: sparare su quelli che a distanza erano dei punti neri in movimento, perfettamente stagliati sulle rovine ed identificati come soldati tedeschi in fuga dall’Abbazia.

L’intervento dell’artiglieria americana è sottolineato anche da Martin Blumenson, autore dell’opera più completa sulle forze armate del suo Paese a Cassino, che afferma come alle 10,30 del 15 febbraio ebbe luogo il più grande concentramento contro l’Abbazia, con 266 granate di obici da 240, 203, 155mm. e 4,5 pollici. [11]

Lo stesso autore riporta inoltre alcuni brani dei diari storici di varie unità.

"Più di 150 nemici furono visti mentre cercavano di scappare dall’Abbazia quando i primi aerei rilasciarono il loro carico. Il fuoco dell’artiglieria e di armi minori fecero pagare un grave tributo a questi uomini che si erano esposti su un terreno scoperto." [12]

"Altre testimonianze – scrisse Blumenson – riportavano che negli intervalli dei bombardamenti e quando cominciò il fuoco d’artiglieria, truppe tedesche fecero ripetuti tentativi di fuggire dall’Abbazia verso posizioni più sicure." [13]

Durante il bombardamento, alcuni osservatori affermarono che soldati nemici con armi ed equipaggiamenti lasciavano l’edificio distrutto e fuggivano verso Sud; alcuni rapporti di quel giorno indicarono che circa 200 persone, qualcuna in uniforme tedesca, erano scappate dal Monastero durante gli attacchi aerei.

"Il quartier generale del 15° gruppo d’Armate dichiarò che circa 200 tedeschi avevano lasciato l’edificio dopo il bombardamento." [14]

Il generale Walker, comandante della 36ª divisione di fanteria, il cui comando in quel giorno si trovava proprio a Cervaro, nel suo diario scrisse invece che:

"I have directed my artillery not to fire on it this date", "Quel giorno ho ordinato alla mia artiglieria di non tirare su di essa." [15]

Ringraziamenti

Si ringraziano vivamente Patrick Skelly, webmaster dei siti Milhist.net e 34infdiv.org, che ha permesso la trascrizione delle pagine del diario, e Eric Rymer, webmaster di Historylink101.com.

Note

  1. ^ La compagnia cannoni di un reggimento di fanteria americano era stata introdotta nell’organizzazione di questo tipo di unità dal 1942. Inizialmente era dotata di due obici da 105 e sei da 75 mm., montati su semi-cingolati, successivamente sostituiti da obici da 105 a canna corta rimorchiabili, con una gittata massima di 11.000 metri. Di questo tipo di bocche da fuoco era dotata la compagnia nel periodo preso in considerazione.
  2. ^ Il cimitero di Cervaro era a circa 700 metri a Nord dalle ultime case del paese, in località Santo Stefano, ad una quota di 302 metri.
  3. ^ The Unit Journal of Cannon Company, 133rd Infantry, in www.34infdiv.org/history/133cannon/4401.html.
  4. ^ The Unit Journal of Cannon Company, 133rd Infantry, Cit.
  5. ^ The Unit Journal of Cannon Company, 133rd Infantry, Cit.
    Autore dell’impresa era stato un fante nippo-americano del 100th Infantry Battalion. Cfr. Livio Cavallaro, Cassino, La battaglia per la Linea Gustav, 12 gennaio - 18 maggio 1944, Mursia, Milano, 2004, pag. 87.
  6. ^ Potrebbe trattarsi della cosiddetta "Hangman’s Hill", la Collina dell’Impiccato, ma anche della stazione d’arrivo della teleferica che collegava Cassino con l’Abbazia.
  7. ^ The Unit Journal of Cannon Company, 133rd Infantry, Cit.
  8. ^ Ibidem
  9. ^ Diario dei reverendi padri E. Grossetti e M. Matronola, in Il bombardamento di Montecassino, Pubblicazioni Cassinesi, Montecassino, 1997, pag. 98.
  10. ^ Alcune distanze stimate dall’abitato di Cervaro:
    • Prigione di Cassino – circa 6.500 metri
    • Abbazia di Montecassino – circa 7.500 metri
    • Rocca Janula - circa 7.000 metri
    • Collina dell’Impiccato – circa 8.000 metri.
    Si tenga conto che con un binocolo 20x60 la visuale a 1.000 metri è pari a quella di 50 metri ad occhio nudo.
  11. ^ Martin Blumenson, Salerno to Cassino, Office of the Chief of Military History, United States Army, Washington, D.C., 1969, pag. 411.
  12. ^ Martin Blumenson, Salerno to Cassino, Cit., 141st Inf. AAR, pag. 411.
  13. ^ Martin Blumenson, Salerno to Cassino, Cit., 151st FA Bn, pag. 411.
  14. ^ Martin Blumenson, Salerno to Cassino, Cit., 15th AGP, pag. 411.
  15. ^ Martin Blumenson, Salerno to Cassino, Cit. Walker Diary, 16 Feb., pag. 413.

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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