1944, ULTIMI GIORNI A MONTECASSINO. DON AGOSTINO, FERNANDO DE ROSA, RAFFAELLA VITTIGLIO: NELLA FALEGNAMERIA, ...
Data: 29/02/2024Autore: NANDO TASCIOTTIListe: ESTERNI AL SITOCategorie: Testimonianze, La tragedia dei civiliTag: #febbraio 1944, bombing, civili, montecassino-abbazia

1944, ULTIMI GIORNI A MONTECASSINO/ 2
DON AGOSTINO, FERNANDO DE ROSA, RAFFAELLA VITTIGLIO: NELLA FALEGNAMERIA, CHE DIVENNE UNA TOMBA PER 170.

[...] Altri rifugiati erano nella falegnameria: uno stanzone enorme, buio, con un solo ingresso. Sembrava un rifugio sicuro, proprio nel cuore del monastero. Ogni gruppo familiare aveva cercato di ricomporsi in un angolo, vicino ad altre famiglie conosciute, e anche lì c’erano quasi trecento persone. Lo spazio per ciascuno bastava appena ad allungarsi un po’ per dormire sul pavimento gelido, lasciando uno stretto e sinuoso corridoio per il passaggio. Vecchi e ragazzi venivano lasciati a far la guardia a canestri di vimini, brocche di terracotta, pentole e sacchi. Gli altri sembravano formiche operaie, silenziose. Ma la convivenza talvolta era difficile:

C'era un pò di ressa, una lotta per la vita: a volte si rubavano tra di loro il mangiare, ricordava DON AGOSTINO SACCOMANNO, [...] Ma di fame non è morto nessuno, proprio perché noi avevamo molte riserve. Infatti, a fine settembre del '43 avremmo dovuto riaprire il collegio e il seminario: solo gli studenti erano più di 200; compresi il personale e i monaci eravamo quindi circa 400 persone.
Ma molti erano già andati via, assieme ai Tesori, e furono ospitati negli altri nostri monasteri. E quelle provviste erano rimaste. Non solo. Avevamo anche una grossa azienda di animali. Li abbiamo messi tutti all'interno del monastero: maiali, mucche, galline… un'arca di Noè. È stata una fortuna, perché ogni tanto li ammazzavamo, e molti se li venivano a prendere, prima della distruzione. Venivano anche i tedeschi, e la prima cosa che chiedevano erano i maiali. Dicevano che volevano pagare; una volta ci hanno pure dato del denaro, per la povera gente, ma la maggior parte li hanno prelevati, e noi gli abbiamo detto: non abbiamo bisogno del denaro vostro
.

[...] In fondo allo stanzone della falegnameria, una grande ara di pietra, forse di epoca romana, veniva utilizzata per i bambini, per evitare almeno a loro di dormire per terra. Ogni tanto qualcuno accendeva un fiammifero, e il fumo dei pezzetti di legno usati per cuocere la polenta faceva lacrimare e tossire i vicini. A sera, qualche mozzicone di candela dava anche un pò di calore mentre, tutt'intorno, c'era chi dormiva, chi piangeva, chi imprecava, chi diceva il rosario, chi girava tra le famiglie in cerca di un pò di sale, chi si spidocchiava, chi tritava granturco con il macinino da caffè, chi urinava segretamente in un angolo. Ma c’era anche chi stava peggio.

FERNANDO DE ROSA [che poi con i familiari si rifugiò nel piano sottostante], nel suo libro di memorie, ha descritto una scena terribile. Proprio accanto all’ara romana e al suo giaciglio, una signora rantolava per una gamba ferita da una scheggia e andata in cancrena. Il fratello gliel'aveva amputata ma il coltello da tavola non riusciva a tagliare. Egli spingeva, tirava. La povera donna si contorceva e gridava, gridava, gridava. L’osso si era finalmente spezzato del tutto ma la nervatura stentava a recidersi... .

A quella scena aveva assistito anche RAFFAELLA VITTIGLIO: Quella signora era andata a prendere l'acqua, e l'avevano portata indietro con una coscia spezzata da una scheggia. Stava in coma, la misero vicino a noi. Le recitavamo il Credo vicino all'orecchio, per farla finire subito, in pace con Dio. Venne poi uno, che le tagliò la gamba; ma poi morì lo stesso.

Tratto da: Nando Tasciotti, Montecassino 1944, un’abbazia torturata, Youcanprint, 2024.

Don Agostino Saccomanno è morto il 1° novembre 1999.
Il notaio Fernando De Rosa ha scritto un bellissimo libro, "L’ora tragica di Montecassino", Edizioni Tracce, Pescara, 2003. È morto il 16 dicembre 2019, a 91 anni.
Raffaella Vittiglio ha vissuto fino all'estate 2012.

Nel crollo del solaio della falegnameria restarono sepolti il maggior numero di rifugiati. Di quel ritrovamento, l’architetto del Genio civile, GIUSEPPE POGGI, ha lasciato un vivido racconto in un testo autobiografico, "L’avventura di Cassino" (*), scritto il 30 luglio 1954:

[...] Tra le oltre 170 vittime solo 116 erano salme riconoscibili e tra queste solo una cinquantina poté essere identificata attraverso oggetti trovati loro addosso [...] Si vedevano madri che proteggevano i bimbi con i loro corpi [...] Si poterono anche ricostruire certe scene tragiche come quella dell’ex carabiniere salvatosi dalla prima ondata del bombardamento che, nel tentativo di aprire un varco per far uscire la sua famiglia che era stata sepolta dentro un vano sottostante la chiesa, trovò la morte per una successiva ondata proprio quando stavano tutti per mettersi in salvo. Anche una coppia non regolare fu individuata tra i cadaveri. I due amanti morirono insieme abbracciati.

(*) Manoscritto. Per gentile concessione della figlia, dottoressa Andreina Poggi.

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Bibliografia

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