Scheda bibliografica

Dagnini Brey Ilaria

Salvate Venere! La storia sconosciuta dei soldati alleati che salvarono le opere d'arte italiane nella seconda guerra mondiale

Mondadori - 2010

Reperibilità: BUONA

3680

Non si parla molto, quando si fa la storia della seconda guerra mondiale, delle incredibili peripezie che alcuni dei massimi capolavori dell’arte di tutti i tempi dovettero subire nel momento in cui l’Italia diventò campo di battaglia. Poco si sa, poi, di quegli uomini (storici dell’arte, archivisti, architetti, spesso non giovanissimi) arruolati dagli eserciti inglese e americano e mandati al fronte, muniti di elenchi dettagliatissimi e di mappe, a cercare dipinti rimossi dalle proprie sedi, a controllare affreschi e monumenti funebri oppure a mettere in sicurezza chiese bombardate, a ricostruire tetti, a puntellare muri pericolanti.

Conoscevano bene l’Italia, alcuni vi avevano vissuto a lungo e lavorato in tempo di pace. Erano spesso guardati con sospetto dal proprio stesso esercito, che li considerava un manipolo di inutili snob pieni di richieste assurde. Anche i rapporti fra di loro erano spesso tesi. Eppure fu proprio grazie a questi ufficiali sui generis che una parte fondamentale del patrimonio artistico italiano fu recuperato.

La propaganda nazista assicurava che gli alleati avevano come scopo principale quello di razziare le opere italiane per portarsele in America. Alcuni ci credettero: fra questi il sovrintendente di Napoli, che dopo lo sbarco alleato in Sicilia pensò di mettere in salvo i tesori di Capodimonte e del Museo Nazionale caricandoli su una fila di camion e trasportandoli in quella che lui riteneva una zona sicura: Montecassino. Fece appena in tempo a tornare che trovò Napoli liberata e il fronte a dividere lui dalle sue opere. Per fortuna si fece in tempo a portarle via dall’abbazia destinata ad essere rasa al suolo e a spostarle in Vaticano.

La vera tragedia, però, fu in Toscana, col lungo assedio di Firenze e i bombardamenti di Pisa. Pensare che quadri come la Madonna di Ognissanti di Giotto o la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello siano stati portati in fretta e furia, senza neppure la protezione di una cassa, nel castello di Montegufoni e lì lasciati, appoggiati uno sull’altro in balìa di topi e umidità mentre fuori tedeschi e alleati si scannavano, fa venire i brividi. Ma almeno questi quadri furono ritrovati, all’arrivo degli alleati, dai Venus fixers. Una quantità enorme di altre opere fu invece prelevata dall’esercito tedesco, che le portò con sé nella sua ritirata verso il nord. Alcune di queste erano destinate alle collezione di Hermann Goering, ma la maggior parte doveva essere, nel delirio finale di Hitler, portata in Austria per essere distrutta. Finirono invece a Campo Tures, in Alto Adige, dove furono rintracciate dagli alleati e riportate indietro. I primi camion di opere d’arte tornarono a Firenze già nel luglio del ’45. Capodimonte dovette però aspettare ancora due anni per riavere la Danae di Tiziano, rubata dai tedeschi a Montecassino e destinata a Goering come regalo di compleanno. Nella ritirata se ne persero le tracce e fu ritrovata in Austria solo dopo la resa della Germania.
Un libro bello, serio, documentato e ben scritto. Consigliato assolutamente.

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