MONTECASSINO, ALLA “CASA DEL DOTTORE” DAL FEBBRAIO AL MAGGIO 1944 CON AMERICANI, INGLESI, INDIANI, NEPALESI, POLACCHI E TEDESCHI.
Nel 1944 quella che oggi è nota come la "Casa del Dottore" era una modesta casa colonica isolata sulla collina, ai piedi del "Calvario", la quota 593, lungo la cresta che gli Americani avevano denominato Snake’s Head Ridge, "la cresta della Testa di Serpe".[1]
Il 6 e il 7 febbraio 1944 toccò ai fanti del II battaglione del 135th Infantry Regiment, 34th Infantry Division 'Red Bull', tentare la cattura della quota 593.
Partirono dalla piccola casa colonica, divenuta improvvisamente sede di comandi, riparo improvvisato, deposito di munizioni e posto di primo soccorso, e probabilmente
furono loro a cominciare a chiamarla con il nome di "Doctor’s House".
Gli assalti si concretizzarono in una serie di scontri ravvicinati e di feroci corpo a corpo con i paracadutisti tedeschi. I soldati americani arrivarono fino alla cima,
si batterono con grande abnegazione e con grande valore, ma oltre a dover affrontare un nemico particolarmente motivato e deciso, si trovarono a mal partito a dover
"sguazzare" nel freddo fra neve e fango con un equipaggiamento assolutamente inadatto.
Dovettero ripiegare sulle posizioni di partenza.
Tra il 1 ed il 12 febbraio 1944 il battaglione perse 84 caduti, 322 feriti e 30 dispersi.[2]
A poche centinaia di metri dal "Calvario" un altro reggimento, il 141st Infantry Regiment, 36th Infantry Division 'Texas', l’11 febbraio 1944, dopo furibondi combattimenti ed altissime perdite, riusciva ad impossessarsi della Masseria Albaneta ma veniva respinto dai contrattacchi tedeschi.[3]
Le divisioni americane furono sostituite a partire dal 12 febbraio dalla 4a divisione indiana, una grande unità forte dell’esperienza della guerra in montagna maturata
durante la campagna d’Abissinia.
Quando fu il momento di sostituire i soldati americani fu necessario aiutarne molto ad alzarsi perché non riuscivano più a stare in piedi dopo aver passato giorni e
giorni al freddo, sotto la pioggia e la neve, costretti a non muoversi a causa dei cecchini tedeschi.
Il piano studiato dal generale Freyberg, comandante del nuovo corpo neozelandese, si dimostrò non solo lontanissimo dalle reali possibilità delle due divisioni ai suoi
ordini, ma denso di calcoli sbagliati ed errori madornali.
Si iniziò con la distruzione dell’Abbazia, il 15 febbraio 1944. Furono avvisati solo i vertici dei comandi, i civili italiani e quindi anche i tedeschi, ma nessuno avvertì
i reparti che erano saliti a schierarsi sulla Snake’s Head e ci furono le prime perdite causate dal fuoco amico.[4]
Il bombardamento avrebbe dovuto coincidere con l’inizio di una serie di attacchi contro la quota 593 e lo stesso Monastero; dopo la conquista delle mura, i due battaglioni
di Gurkhas incaricati dell’azione avrebbero dovuto scendere verso i neozelandesi che salivano da Cassino per prendere in trappola i difensori tedeschi della città.
Cominciarono i fucilieri di una compagnia del I battaglione Royal Sussex che nella notte fra il 15 e il 16 si inerpicarono verso la vetta della quota 593 senza
aver nemmeno avuto il tempo di esplorare il terreno. Fatti pochi metri si trovarono investiti da un violento fuoco di mitragliatrici e mortai e dal lancio di un’infinità
di bombe a mano. Prima dell’alba fu ordinato di rientrare, ma con due ufficiali e 32 uomini morti o feriti.[5]
L’attacco fu ripetuto nella notte successiva, 16-17 febbraio, con tutto il battaglione. La compagnia di testa riuscì a raggiungere la vetta, ma dalle linee tedesche si
alzarono tre razzi verdi, che per mera combinazione corrispondevano al segnale inglese di sospendere l’operazione. Nella notte, fra una "pioggia" di scariche di armi
automatiche, i fucilieri britannici si ritirarono verso la "Casa del Dottore", ma questa volta le perdite erano salite a 10 ufficiali e 130 uomini.[6]
Alla mezzanotte del 17 febbraio iniziò il terzo tentativo di conquistare la quota 593. Fu la volta del IV battaglione del 6° reggimento indiano Rajputana Rifles.
Alcuni fucilieri arrivarono fino alla vetta, ingaggiando un furioso scambio di bombe a mano, ma i paracadutisti tedeschi cominciarono a filtrare dai fianchi del "Calvario"
prendendo alle spalle le due compagnie di rinforzo che stavano salendo. Non restò che rientrare nelle linee di partenza prima dell’alba. Il 18 febbraio, quando si
contarono le perdite della notte si arrivò alla cifra di 196 fra caduti, feriti e dispersi.[7]
Il peggio doveva ancora arrivare.
Quella stessa notte, a partire dalle 2 del mattino del 18 febbraio, fu impegnato il I battaglione del 9° reggimento Gurkha (I/9 Gurkha Rifles): la compagnia "C" a
destra verso la quota 569 e la compagnia "D" alla sinistra verso la quota 444; il battaglione avrebbe poi dovuto risalire fino all’angolo nord-ovest dell’Abbazia. I
tedeschi si accorsero immediatamente del movimento e accolsero i fucilieri nepalesi con mitragliatrici e mortai, impedendo l’avanzata delle compagnie che seguivano e
bloccando quelle di testa. L’attacco si concluse con la perdita di 94 uomini.[8]
Alla sinistra del 1/9 doveva attaccare il I battaglione del 2° reggimento Gurkha (I/2 Gurkha Rifles). Le due compagnie di testa avrebbero dovuto scendere attraverso
la cresta a quota 450 e poi puntare direttamente verso il muraglione dell’Abbazia.
Le compagnie scesero avanzando a partire dalle 3:30, pur se sotto il fuoco nemico, ma arrivarono a quello che dalle fotografie era sembrato un fitto bosco di cespugli e che
si rivelò invece un fitto intrico di filo spinato, pieno di mine e trappole. Ai primi scoppi, tra le urla dei feriti, i tedeschi al riparo delle loro postazioni scavate
nelle rocce, iniziarono a sparare verso i lampi provocati dalle esplosioni e fu un massacro. Quando le compagnie riuscirono a disimpegnarsi, si contarono 149 perdite.[9]
In tre notti, la 7a brigata della 4a divisione indiana aveva perso ben 530 uomini![10]
I corpi dei caduti giacevano fra le rocce della quota 593 e la discesa verso l’avvallamento, prima della salita al monastero e in molti casi non fu possibile recuperarli
per via del fuoco tedesco.
La 4a Divisione indiana fu sostituita dalla 78a Divisione di fanteria britannica ai cui fanti toccò il triste privilegio di controllare quel tratto di fronte dove
tanto si era combattuto.
Non potersi muovere di giorno e restare immobili nei minuscoli ripari non presentava che una parte dei problemi per gli sfortunati combattenti del 5° battaglione del Northamptonshire Regiment trincerati sui versanti della quota 593. Le consegne rigorose di Maidalany - il futuro autore di un libro fondamentale sulle battaglie di Cassino - non tenevano in nessun conto delle prove inflitte agli intestini della maggior parte degli uomini. In molti “sangars”[11] le scatole vuote di conserva furono oggetto di un utilizzo molto particolare… Dei topi infestavano il settore e, di notte, li si sentiva déchiqueter i cadaveri che giacevano ovunque. Quando la temperatura si elevò, il tanfo aumentò e le mosche pullularono ancora di più…[12]
Il tormento poi era aumentato dalla mancanza di acqua che doveva essere trasportata dalla valle del Rapido a dorso di mulo fin dove era possibile e poi a spalle fino alla prima linea.
Dopo il fallimento degli attacchi alleati del febbraio-marzo 1944, il generale Alexander decise di riorganizzare le due Armate, 8a britannica e 5a americana, in vista
di una più imponente offensiva.
Il 23 marzo 1944, si incontrarono il generale Anders, comandante del 2° Corpo polacco, ed il generale Leese, comandante dell’8a Armata inglese. Più che una richiesta da
parte britannica, ai polacchi fu imposto di assumere l’impegnativo settore di attacco tra Montecassino e il colle Sant’Angelo, per rompere la linea di difesa tedesca e
scendere nella sottostante valle del Liri, alle spalle dei difensori della città di Cassino; il 22 aprile 1944 il 2° Corpo polacco prese in consegna il settore,
sostituendo la divisione inglese.
Nel piano alleato per la prossima offensiva, la 3a Divisione Fucilieri dei Carpazi ebbe il compito di espugnare le quote 569 e 593 e la Masseria Albaneta per poi prendere
il monastero da tergo.
Nella notte fra l’11 ed il 12 maggio ebbe luogo il primo attacco contro la quota 593. Nello slancio iniziale, i fucilieri polacchi arrivarono fino alla cima, ma la
reazione tedesca fu tale che già nel corso della giornata fu chiaro che era impossibile mantenere le posizioni raggiunte. Durante la notte successiva i resti dei due
battaglioni che avevano preso parte all’attacco, si ritirarono sulle posizioni di partenza.
L’iniziativa fu ripresa il 17 maggio ed anche questa volta, nonostante il valore dimostrato, l’impresa non riuscì.
Quando il 18 maggio la bandiera polacca sventolò sulle rovine dell’Abbazia e cessati i combattimenti, almeno attorno al "Calvario" tanto conteso, si poté stendere un
bilancio delle perdite, si dovette prendere atto che i caduti dei quattro battaglioni che avevano preso parte alla battaglia per la quota 593 erano ben 182 ai quali
si aggiungevano centinaia di feriti.
Quando le armi tacquero fu la volta della penosa ricerca delle salme dei caduti, sparse a centinaia sulla montagna; la "Casa del Dottore" ed i suoi dintorni divennero
luogo di raccolta e di provvisoria tumulazione.
Nessuno avrebbe mai pensato che quella piccola dimora campestre sarebbe diventata uno dei simboli più conosciuti e più rispettati della grande battaglia.
Che ne sarà della "Casa del Dottore", la "Domek Doktora" dei Polacchi?
Ora che non c’è più la signora Giovanna, verrà ceduta per i fatidici "30 denari" a qualcuno in vena di speculazioni? Naturalmente in barba al Parco Naturale di
Montecassino, al Ministero dei Beni Culturali, ai ricordi del campo di battaglia, ai tanti uomini che caddero nelle vicinanze o che spirarono al suo interno?
La ricorda lo scrittore Gustaw Herling-Grudzinski, un veterano:
[...] Il buco nero dell’avanzata sulla Quota 593 nella notte tra il 16 e il 17 maggio, in scarpe avvolte in stracci, fino a quando i Tedeschi, dopo aver lanciato in aria un razzo, trasformarono la notte in giorno pieno e la strada della nostra pattuglia in un mattatoio. Come siamo riusciti, l’osservatore di artiglieria con la radio sulle spalle ed io, a raggiungere ciò nonostante la cima della montagna, tra i fanti che ci cadevano accanto? Come abbiamo fatto poi, per tutto il giorno 17 maggio, a reggere il fuoco d’artiglieria appiattiti in una cavità della roccia, in pieno raggio d’azione delle mitragliatrici dei bunker tedeschi? Come abbiamo raggiunto a sera la Casa del Dottore? Nell’affollata Casa del Dottore i brandelli di memoria diventano più nitidi. Ricordo i dialoghi nell’oscurità riguardo al fatto se la battaglia fosse stata vinta o persa: ne sapevamo così poco nella notte fra il 17 e il 18 maggio.[13]
Tutto ciò dovrebbe far meditare chi di dovere, in particolare il proprietario della terra, sperando che tra le decine di idee che potrebbero nascere per mantenere degnamente la "Casa del Dottore", non si vadano a cogliere le peggiori che mente umana possa immaginare per questo luogo.
Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento a Mr. Perry Rowe per avermi fornito i diari dei battaglioni della 4a Divisione indiana relativi al periodo considerato e a Dom Gregorio De Francesco, dell’Abbazia di Montecassino, per avermi tanto gentilmente inviato la copia di una mappa topografica ottocentesca dell’area di Montecassino.
Note
Bibliografia
Immagini
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