UN ALTRO REPARTO DI SALMERIE A MONTECASSINO: IL 7° REPARTO SALMERIE DA COMBATTIMENTO "SANGRO" DALLA COSTITUZIONE AL GIUGNO 1944
Grazie a Mattia Brighi, nipote dell’artigliere Guido Brighi, classe 1918, che fece parte del 7° Reparto Salmerie da Combattimento “Sangro” nel 1943-1945, ci è pervenuto un interessante documento redatto il 31 marzo 1945 con la storia del reparto. [1]
Scrive infatti il tenente Renato Bevilacqua, il comandante, che esso fu costituito in Fasano (Brindisi), il 25 ottobre 1943, come “Reparto salmerie per
il raggruppamento da montagna”.
In realtà il reparto fu uno dei primi quattro gruppi italiani di salmerie costituiti dagli Alleati, due per l’8a Armata britannica e due per la 5a Armata
americana, in difficoltà sul terreno di montagna e le condizioni climatiche di quei mesi.
Esso fu costituito con centro di mobilitazione dal deposito del 14° reggimento Artiglieria con un organico di 8 ufficiali, 456 sott. e truppa, 305 quadrupedi. [2]
Il 12 novembre 1943, passato alle dirette dipendenze del Royal Army Service Corps (R.A.S.C.) dell’8a Armata, assunse la denominazione di “2° Reparto Autonomo
Salmerie da Montagna” assorbendo la sezione salmerie in costituzione a Bari.
La sera del giorno successivo il reparto partì per Foggia e nel corso del trasferimento, il 18, incrociò il generale Montgomery che, fatto del tutto insolito,
augurò buona fortuna a uomini e muli.
Il 21 novembre 1943 il reparto iniziò un lungo ciclo di operazioni affrontando con coraggio e dedizione i campi di battaglia malgrado un equipaggiamento disastroso. Alle dipendenze della 8a divisione di fanteria indiana e della 2a divisione di fanteria neozelandese, sfidando il fuoco dell’artiglieria e dei mortai tedeschi, conducenti e muli dovettero attraversare più volte il fiume Sangro in piena per la pioggia che cadde ininterrottamente.
Il 23 novembre rimase ferito il soldato Felice Contini; il 24 cadde il cavalleggero Pietro Sangalli; il 25, il cavalleggero Mennato Calabrese mentre veniva ferito gravemente l’artigliere Donato Venneri, che morirà all’ospedale militare inglese di Atessa (Chieti) il 30.
Il 3 dicembre 1943 il reparto venne trasferito a Castel Frentano (Chieti), ma non ebbe tempo per una sosta perché assegnato prima alle dipendenze della 2a
divisione di fanteria neozelandese e poi della 78a divisione di fanteria britannica, fino al 15 gennaio 1944 prese parte alla battaglia per il possesso della
città di Orsogna, quella che gli storici inglesi chiameranno la battaglia del fiume Moro; diviso in sezioni, operò su un arco del fronte di 70 chilometri,
lottando contro condizioni atmosferiche particolarmente avverse tra pioggia, neve e gelo. [3]
Il 25 ed il 26 gennaio 1944 una sezione rimase bloccata dalla neve nella zona di Capracotta (Isernia) e venne rifornita per mezzo di aerei.
I comandi alleati fecero pervenire elogi per il comportamento degli uomini e per il servizio prestato.
Dalla fine di gennaio 1944, fino al 25 febbraio, il reparto passò alle dipendenze del 2° Corpo polacco, godendo di una relativa tranquillità.
Il 1° marzo 1944, il reparto ricevette la denominazione di 7° Reparto Autonomo Salmerie “Sangro” ed alcuni giorni dopo venne trasferito a San Vittore del
Lazio, sul fronte di Cassino, dove ricevette la visita del Principe Umberto. ([4]
Assegnato alla 4a divisione di fanteria indiana, il 20 marzo 1944 si spostò a San Michele, frazione di Cassino, da dove iniziò un nuovo ciclo di operazioni per
il trasporto di viveri e munizioni fino al colle Maiola, al limite della prima linea di fronte alle ben note località dell’Albaneta e del Calvario, e fino alle
posizioni alleate davanti a Terelle. Con il ritiro della 4a divisione indiana, passò alle dipendenze della 78a divisione di fanteria britannica.
Il periodo di Cassino fu contrassegnato dalle peripezie vissute da tutti i militari delle unità alleate in linea o nelle immediate retrovie di quel settore del
fronte. Di giorno era vietato qualsiasi movimento perché gli osservatori dell’artiglieria tedesca erano sempre in agguato dal monte Cairo, dal monte Cifalco e
dalle rovine di Montecassino. Le colonne di salmerie, che partivano da San Michele, da Portella o da S. Elia Fiumerapido si muovevano solo di notte, partendo
al calar del buio, ma dovendo far ritorno alla base prima dell’alba. Il 7° salmerie operò diviso in sezioni, portando i rifornimenti là dove erano necessari su
un ampio fronte, dal Belvedere di Terelle al colle Maiola sotto la Cresta del Serpente, di fianco a Montecassino.
Il 7 aprile 1944 cadde il soldato Elio Puglié. [5]
L’11 maggio, il giorno dell’inizio dell’offensiva alleata, il reparto ricevette la seconda visita del Principe Umberto e pochi giorni dopo passò alle
dipendenze del II Corpo d’Armata americano, spostandosi verso Minturno, sulla costa tirrenica.
Dal 23 maggio al 6 giugno 1944, conducenti e muli non avranno soste per rifornire l’avanzata verso Roma dell’85a e 88a divisioni di fanteria americane.
L’entusiasmo per la veloce avanzata fu tale da non far sentire la fatica, almeno in apparenza, ma uomini e muli dovettero superare uno sforzo al limite delle
loro capacità.
L’11 giugno 1944 il “Sangro” passò definitivamente alle dipendenze del Corpo Italiano di Liberazione (C.I.L.), partecipando attivamente all’avanzata nell’Italia
centrale.
Il 7° Salmerie continuerà il suo stato di servizio con la 56a divisione di fanteria inglese, durante la battaglia di Gemmano, e poi, con la 10a divisione di
fanteria indiana, a Monte Battaglia.
Il 5 ottobre 1944 cadde il soldato Vincenzo Burdu e l’11 ottobre morì il comandante, il capitano Enrico Vaccari, entrambi durante l’operazione sul Monte
Battaglia.
Arrivò il secondo inverno di combattimenti e strapazzi, tra fango e neve in un gran freddo con relativi congelamenti ai piedi. Poi ancora con la 91a divisione di Fanteria americana e con il gruppo di combattimento “Legnano” fino alla fine.
Il tenente Bevilacqua concluse il suo rapporto con queste parole:
“Il servizio del salmierista è tenace ed oscuro. Parte di giorno e di notte, ci sia bel tempo o piova, si soffochi o si geli; silenzioso coi suoi due fedeli muli e con il suo carico, cammina sulle mulattiere e sui sentieri di zone impervie, talvolta con pericolo di incappare in una mina, spesso sotto il fuoco delle artiglierie, dei mortai e delle armi automatiche nemiche, ma giunge con il suo carico prezioso di viveri, acqua, rancio, munizioni, materiali, vestiario sin nelle postazioni di prima linea consentendo all’amico fante o artigliere, alleato o italiano, di sentirsi tranquillo nella continuità dei rifornimenti e dell’assistenza”. [6]
Note
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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...Gli uomini morti venivano portati giù tutte le sere, assicurati con una corda alle groppe dei muli, I corpi pendevano da un lato e dall’altro dei basti di legno, le loro teste dondolanti dal lato sinistro del mulo, le loro gambe irrigidite protese goffamente dall’altra parte, muovendosi in su e in giù a seconda del passo del mulo.
28/11/2006 | richieste: 5445 | ALBERTO TURINETTI DI PRIERO
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