La fine della battaglia tra le rovine di Cassino e la 1st Guards Brigade tra l’11 ed il 18 maggio 1944
End of Battle among Cassino's Ruins and the 1st Guards Brigade, May 11-18, 1944
Introduzione
Cassino, Montecassino, l’Abbazia, la Linea Gustav: nomi che tennero banco su tutti i giornali del mondo per mesi e mesi nel corso di quel 1944
con le notizie su una battaglia che sembrava non avere mai fine.
Ma la città di Cassino, o meglio le rovine di quello che una volta era stata la città di Cassino, come venne in possesso delle truppe alleate?
Quando ebbe termine l’assedio della roccaforte tedesca, alle pendici di quel monte tanto famoso?
Di Montecassino e dell’Abbazia si è già trattato in queste pagine. Nel maggio del 1944 non era più un obbiettivo tattico di primaria importanza e
per i Polacchi era l’ultimo degli obbiettivi da raggiungere.
E lo stesso valse per le rovine di Cassino.
La grande manovra alleata, iniziata l’11 maggio, prevedeva che i Polacchi, superate le alture a nord-ovest di Montecassino, scendessero nella valle
del Liri, mentre gli Inglesi dell’8ª Armata, superate le difese tedesche sul Gari, avanzassero verso Aquino, chiudendo in una morsa i difensori
tedeschi della città e dell’Abbazia che sarebbero stati costretti ad arrendersi o a ritirarsi.
Non era quindi previsto nessun attacco diretto alle posizioni tedesche di Cassino, ma cosa successe nella città dalla vigilia dell’inizio
dell’offensiva al 18 maggio 1944, quando gli ultimi difensori tedeschi abbandonarono le loro posizioni?
Occorre a questo punto fare un piccolo passo indietro per ricordare che durante le diverse fasi della battaglia, Cassino fu invece obbiettivo
primario per le truppe alleate. In febbraio avevano tentato di impossessarsene gli Americani che ottennero un successo parziale, riuscendo ad
attestarsi nei sobborghi settentrionali della città, sulla strada per Caira. A marzo fu la volta di Inglesi e Neo Zelandesi: i primi, al prezzo di
gravi perdite, riuscirono ad impadronirsi della Rocca Janula, il "Castle", e della parte dell’abitato sottostante, ma senza ottenere un risultato
definitivo. I Neo Zelandesi riuscirono, anche loro al costo di pesanti perdite, ad attestarsi tra le rovine e ad estendere la zona occupata lungo
la via Casilina, ma ogni ulteriore sforzo per eliminare gli ultimi blocchi di resistenza tedesca fu vano. [1]
Alla fine di marzo il generale Alexander prese la decisione di sospendere ogni tentativo, di riorganizzare le proprie forze e di studiare un nuovo
piano ad assai più larga prospettiva.
La 2ª divisione neo zelandese fu ritirata da Cassino e la linea in quel settore fu infine affidata ai tre battaglioni della 1st Guards Brigade,
agli ordini del brigadiere JC Haydon. [2]
E’ proprio grazie alla relazione scritta da un ufficiale di questa brigata che è possibile ricostruire quanto accadde in città negli ultimi giorni della battaglia per Cassino. E’ vero, non ci furono gesti clamorosi, non ci furono scontri cruenti, ma attraverso poche pagine, scritte in uno stile sobrio e talvolta persino ironico, è possibile ottenere una descrizione, seppur per un breve periodo, di quale fu la vita dei soldati delle due parti, letteralmente sepolti fra le rovine.
La 1st Guards Brigade era sbarcata a Napoli a partire dal 5 febbraio 1944, assegnata alla 6th Armoured Division. I suoi uomini non ebbero
neanche il tempo di ambientarsi, perché già l’8, dopo una breve sosta a Sessa Aurunca, il 2nd Battalion Coldstream Guards sostituiva in linea
il 2/4 King’s Own Yorkshire Light Infantry a Monte Ornito, subendo le prime perdite sotto la pioggia, la neve e nel freddo delle montagne. Il
fronte lungo il Garigliano era in quel mese oggetto dei tentativi di sfondare la Linea Gustav, ma anche oggetto di furibondi contrattacchi
tedeschi. [3]
Il 9, il 17 e il 19 febbraio, le Guardie della 1ª brigata dovettero sostenere aspri scontri, sopportando uno stillicidio di perdite dovute
non solo al fuoco tedesco, ma anche all’inclemenza del tempo. [4]
La brigata fu ritirata nella zona di Sessa Aurunca, poi di Campo, ma il 15 marzo rientrò in linea fra i monti Fuga, Ornito e Faito. Furono più
fortunati che nella tornata precedente, perché in base alle disposizioni del generale Alexander il settore passava alle dipendenze del Corpo di
Spedizione Francese e così, a partire dal 20 marzo, le posizioni furono rilevate da reparti del 6e Régiment de Tirailleurs Marocains.
La brigata fu trasportata in zona di riposo a San Potito Sannitico, passando alle dipendenze della 4th Infantry Division, ma, a partire dal 5
aprile, i battaglioni, seguendo la Casilina, raggiunsero Cassino. [5]
In città si fermarono fino alla notte dal 23 al 24 aprile, quando fecero ritorno a San Potito, sostituiti dalla 12th Infantry Brigade, ma il
riposo durò poco. [6]
La relazione
"Il 4 maggio 1944 – inizia la relazione - lasciammo S. Potito, 15 miglia a nord di Capua, e arrivammo a Cassino, dove occupammo le stesse posizioni
di dieci giorni prima. Per aumentare la presenza al "Castle" - la Rocca Janula - fu formata una “Castle Force” composta da due compagnie, una
del “2nd Battalion Coldstream Guards” e l’altra del "3rd Bn Welsh Guards", che, a turni di 48 ore, dovevano salire sulle più scomode fra le posizioni
di Cassino.
La brigata aveva solo due compagnie di riserva, tanto che non fu possibile rilevare tutte quelle in servizio sulla prima linea."
"Le condizioni di Cassino erano cambiate poco. Una postazione era stata rasa al suolo dai tedeschi, un’altra aveva ricevuto diversi colpi diretti
che l’avevano semi distrutta ed una terza resisteva nel cratere di una bomba.
Il nemico aveva individuato con accuratezza le rovine che avevamo occupato (eravamo sicuri che sapesse su di noi quanto noi sapevamo su di lui) e
nessun plotone era al sicuro dalle granate e dai colpi di mortaio.
C’era un cannone in particolare, da 150 mm. o di maggior calibro, che sparava regolarmente sul “Jail” – il carcere - la "Crypt" ed il "Castle"; le
granate esplodevano con una forza che scuoteva l’intera città e potevano fare un buco pari al cratere di un medio calibro, buttando giù le mura.
Comunque le cantine, alcune delle quali erano state rinforzate dagli stessi tedeschi, erano tanto robuste che anche queste bombe non riuscivano a
penetrarvi."
"C’era sempre il pericolo che una di queste granate cadesse nel centro del cortile del Castello dove le nostre postazioni erano scavate intorno alle
mura, perché una bomba da mortaio caduta appunto nel cortile aveva ucciso tre e ferito sei uomini della compagnia Coldstream, ma fortunatamente in
quei giorni non successe niente di più grave.
Non solo dovevamo correre per evitare il fuoco delle mitragliatrici tedesche che sparavano dai ponti al di là della stazione, ma c’era costantemente
il pericolo dell’improvviso arrivo di una salva di sei granate o razzi Nebelwerfer che cadevano sulla Casilina. Inoltre, più di un uomo fu colpito
accidentalmente dalle nostre granate fumogene che cadevano troppo corte.
I portatori non potevano avvicinarsi in silenzio, dovendo salire con pesanti carichi tra le pietre, e quasi ogni notte erano esposti ad una pioggia
di granate.
Una mitragliatrice tedesca che sparava su una linea fissa ogni notte contro un buco del muro del Castello, a circa dieci piedi al di sopra delle
nostre teste, non ci causò mai dei danni e, a fronte di tanti pericoli, le perdite della Brigata furono molto lievi."
"Per i paracadutisti tedeschi che ci stavano davanti le condizioni dovevano essere ancor più spiacevoli. Con la loro stupidità (foolishness, nel
testo originale n.d.r.) rivelavano le loro postazioni permanenti, le loro vie di rifornimento e le loro abitudini sempre uguali. Molto prima che
calasse la notte, ma anche con la luna piena, uscivano a gruppi dall’Hotel des Roses e dal Continental per sgranchirsi le gambe e prendere aria
fresca, mantenendo la più completa indifferenza per la loro incolumità [7]
Un prigioniero, catturato alla fine, ammise che erano obbligati dai loro ufficiali per mostrare il loro coraggio. In compenso, si diceva che ogni
soldato tedesco che avesse trascorso due settimane o più a Cassino, automaticamente avrebbe ricevuto la Croce di ferro. Naturalmente
lo "Ayrshire Yeomanry", i mortai e le mitragliatrici prendevano grande vantaggio da questo vezzo (habit) ed il risultato poteva essere visto dalla
processione di barellieri tedeschi sotto la protezione delle bandiere della Croce Rossa. [8]
Alcune di queste processioni destarono sospetto perché le forme bianche sulle barelle sembravano più appartenere a cassette di munizioni che a
corpi umani. Il sospetto fu svelato quando un barelliere scappò in cerca di riparo da alcune granate cadute per caso nelle vicinanze, lasciando
cadere il carico.
Nonostante i sospetti, non sparammo mai sulla Croce Rossa, sapendo che avremmo potuto averne bisogno in ogni momento. Certamente alcuni feriti del
Coldstream furono evacuati dal Castello in pieno giorno senza nessun intervento da parte dei tedeschi."
"I tedeschi non smisero mai i loro sforzi per migliorare le loro difese. Ogni notte e tutte le notti potevamo sentire il rumore delle martellate, delle esplosioni nel terreno e del rotolare delle pietre. Vedemmo mucchi di legname fra le rovine e nuove trincee. Si sentiva il carro nell’Hotel des Roses che provava saltuariamente il motore e persino alcuni piccoli pezzi d’artiglieria fecero la loro apparizione. Quando il piano dell’offensiva fu rivelato, fu un sollievo per tutti noi sapere che non era previsto nessun assalto diretto a Cassino."
Preparazione per l’offensiva
"Pochi di quelli che erano tornati a Cassino il 4 maggio avevano più che una vaga idea della portata dell’imminente offensiva e molti prevedevano un
ritorno a San Potito dopo due settimane di linea.
Il segreto fu ben mantenuto.
Il 6 maggio, tutti gli ufficiali con incarichi di comando furono chiamati ad una riunione (sulla malaria fu annunciato ufficialmente) al Quartier
Generale dell’8ª Armata. Lo stesso comandante generale spiegò il piano in dettaglio, ma la maggioranza degli ufficiali e degli uomini rimase
all’oscuro fino all’imminenza dell’attacco.
Molta attenzione fu posta a non esporre gli ufficiali che erano stati informati al rischio di essere catturati e tutti gli ordini operativi furono
portati all’interno della città con forti scorte e comunque non fu permesso di portare i documenti fino ai comandi di battaglione.
Pensando alla difficoltà di chiamare indietro gli ufficiali con incarichi di comando fino al comando di brigata, le riunioni furono tenute nella
Cripta, dietro pesanti coperte di lana, a circa 400 yarde da un nemico che non sospettava nulla."
"Se i tedeschi se ne fossero andati o se si fossero arresi, Cassino doveva essere occupata dalla "10th Infantry Brigade" [9], supportata
dal fuoco di fianco della "1st Guards Brigade". In ogni caso non si aspettava da noi che ci fossimo mossi dalle nostre posizioni prima che
potessimo marciare attraverso la città in piena luce solare dopo la sua completa cattura.
E così andò a finire."
"Oltre al nostro ruolo principale, che era quello di mantenere le nostre posizioni in caso di attacco nemico, compito della Brigata era quello di
simulare un attacco nella città, osservare da vicino ogni segno di imminente ritirata nemica e, in questo caso, di intervenire con ogni arma a
nostra disposizione.
Tutto questo aveva bisogno di una pianificazione molto attenta e questa comportò discussioni con il comando della "10th Infantry Brigade" sugli
itinerari da seguire, anche casa per casa, per evitare casi di fuoco-amico. Si decise che i nostri avrebbero sparato in continuazione per
rendere visibili le nostre posizioni. Bisognava poi decidere cosa fare nel caso in cui i tedeschi avessero rotto l’accerchiamento quando l’anello
di fosse chiuso, cosa che ritenevamo probabile. Bisognava scoprire quando esattamente il nemico stesse evacuando la città e che via avrebbe scelto."
"Il D-Day era stato fissato per l’11 maggio, alle 23.00.
La notte prima fu portata ai battaglioni una doppia dose di razioni, acqua e munizioni. Al calare del buio l’unico rumore che si avvertì fu quello
dei passi degli ufficiali che portavano gli ultimi ordini alla Cripta o alla Prigione. Fu mantenuto un normale fuoco di artiglieria e in superficie
quella notte apparve uguale a tutte le altre.
Ancora una volta si sentiva il gracidare delle rane, il canto degli usignoli e si vedevano le lucciole; si poteva sentire l’inciampare lungo lo
stretto passaggio tracciato da molti piedi, visibile solo a quelli che lo conoscevano, tra i crateri e le macerie, facendo attenzione a quei segni
familiari lungo la "Route Kay": la svolta alla "Pasquale Road", i tre alberi rinsecchiti, gli Sherman da dove salutavano i Neo Zelandesi, il
cratere pieno d’acqua con i gradini e finalmente la cappella in rovina ed il buco, appena visibile, dal quale si entrava nella Cripta con il suo
caldo benvenuto e le facce familiari.
Alle 22,45 ci fu una pausa al fuoco di artiglieria. Tutta la città era in attesa sotto terra e tutti quelli dietro le linee guardavano alle
porte della "Farmhouse".
Un cannone sparò due secondi troppo presto, un colpo solitario il cui eco ebbe appena il tempo di morire lontano prima che settecento altri
fendessero la notte con il più grande sbarramento di fuoco in cinque anni di guerra."
La caduta di Cassino
"I tedeschi, secondo i primi prigionieri catturati, furono sorpresi per il tempo, la direzione e la grandezza dell’offensiva. La loro immediata
reazione fu quella di lanciare razzi colorati lungo tutta la linea, ma soprattutto in Cassino e dalle alture della collina del Monastero, come se
aspettassero che il colpo principale cadesse lì. Incoraggiammo la loro sensazione sparando nella città tutta la notte, ma quando arrivò il mattino,
il nemico aveva già scoperto la zona del primo attacco e tutte e due le parti ristettero in una calma densa d’allarme.
Un tedesco fu veramente visto mentre puliva il suo cortile con una scopa.
L’intera città fu coperta dal fumo proveniente dal campo di battaglia del fiume Gari e spesso durante l’intera giornata tutto quello che si vide fu
il Monastero che navigava su un mare di nebbia umida.
L’osservazione sui movimenti del nemico si fece estremamente difficile e i nostri osservatori furono ripagati della fatica delle settimane che
avevano passato nell’annotare le abitudini e le posizioni dei tedeschi.
Come prima cosa ci saremmo aspettati che la "Route Six" fosse tagliata dietro la città nella notte fra il 12 ed il 13 maggio e che l’inizio
dell’avanzata fosse per il 13. Questa operazione non poteva però iniziare prima che i Polacchi si fossero stabilmente impadroniti del Monastero
e quando si venne a sapere alla sera del 12 che il primo assalto era stato respinto e che la "4th Infantry Division" non aveva avuto successo
nell’attraversare il Gari nelle prime 24 ore, fu evidente che la caduta di Cassino sarebbe stata rinviata per parecchi giorni. [10]
Dal 12 al 17 maggio guardammo con attenzione la lenta avanzata delle nostre truppe ed i movimenti del nostro immediato nemico in città."
...
"Eravamo in una buona posizione per valutare le intenzioni del nemico, ma fino alla fine rimanemmo incerti sulla reazione dei tedeschi, mentre i
battaglioni erano costantemente bersagliati dalle domande "se ne sono andati?" oppure "se ne stanno andando?" alle quali non si poteva rispondere
con certezza.
Sarebbe stato facile per il nemico, ora che la luna se ne era andata e la città era coperta dal fumo, scivolare via, lasciando indietro qualche
mitragliatrice, qualche mortaio e qualche barelliere per simulare una normale attività.
Il mattino del 13, per esempio, durante una sosta del fumo, circa quaranta tedeschi furono visti correre a due a due da una casa all’altra, verso
la parte meridionale della città. Era un momento di panico, l’inizio di una ritirata o era solo un attimo di nervosismo dei difensori del Colosseo
e del Palazzo del Barone?" [11]
...
"Un giorno le "Welsh Guards" disegnarono un vivace ritratto del Führer e lo issarono con un bastone verso il nemico: la pioggia di granate che
provocò, dimostrò che i buoni nazisti non avevano ancora lasciato le loro posizioni!
Così andò formandosi la convinzione che, almeno fino alla sera del 17 (quando gli automezzi riuscirono a transitare sulla "Route Six" e i Polacchi
fecero progressi verso il Monastero), il nemico si assottigliasse in città, ma che si mantenesse in forze e questa opinione si dimostrò corretta."
"Il 10 maggio una batteria di dieci altoparlanti fu posta in una casa in rovina proprio davanti all’Hotel des Roses, il posto più forte della
difesa nemica, dal plotone di difesa della brigata. Era connessa con un cavo lungo un miglio ad un automezzo con trasmettitore, parcheggiato nel
posto più vicino alla città dove lo si potesse lasciare.
Notte dopo notte, i Genieri della brigata avevano riparato questo cavo. La prima notte fu spezzato in 26 punti dalle granate, solo nel tratto fra
l’automezzo e la Cripta, e la notte successiva il cavo fu quadruplicato. Questo complesso apparato fu installato sotto la supervisione del
“8th Army Psycological Warfare Branch” per minacciare, persuadere, istruire e spaventare i tedeschi, e convincerli ad arrendersi prima che
l’accerchiamento di Cassino si fosse concluso.
Alle 20,50 del 17 maggio arrivò l’ordine dal Quartier Generale della "4th Infantry Division" di cominciare la trasmissione, mentre i Polacchi
non erano ancora nel Monastero e c’era ancora un varco di circa un miglio da dove potevano passare i tedeschi. Tutte le indicazioni dei prigionieri
segnalavano che una ritirata generale dalla città avrebbe avuto luogo in quella notte e quindi allora o mai più c’era la possibilità di persuadere
qualcuno fra i nemici a salvarsi disertando.
Il fuoco d’artiglieria fu sospeso sulla città e in un posto dove c’era sempre stata la tendenza a parlare bisbigliando, il silenzio fu rotto da una
voce enorme che ripeteva in tedesco: "Se vuoi arrenderti, vieni fuori con le mani alzate. Vieni fuori finché c’è luce seguendo la via Casilina dalla
parte est della città. Se ti arrendi al buio potremmo non sapere le tue intenzioni e sarai probabilmente abbattuto. Combattere è senza senso.
Guardati alle spalle. I Polacchi sono alle porte del Monastero. Se non ci credete, mandate delle pattuglie. Cassino è persa per la Germania. Due
polacchi che avete catturato sono tornati indietro con i denti e le costole rotti. I Polacchi hanno i coltelli.
La reazione a questo discorso fu immediata: pallottole traccianti furono sparate contro gli altoparlanti e uno o due tedeschi furono visti lasciare
le loro posizioni ed avviarsi verso la casa con l’intento di distruggere l’impianto. Non saltò fuori nessun disertore."
"Circa alla mezzanotte fra il 17 ed il 18 maggio, i tedeschi cominciarono a lasciare Cassino. Furono visti muoversi a gruppi sulle pendici rocciose
di “Hangman’s Hill”, lasciando il Monastero alla loro destra. L’intera area fu sottoposta ad un incessante fuoco di mortai, artiglieria e
mitragliatrici per tutta la notte, ma indubbiamente la maggior parte passò indenne sotto lo sbarramento. Circa un’ottantina di paracadutisti
scese verso la via Casilina troppo presto e furono catturati dalla "78th Infantry Division". Raccontarono che dovevano raggiungere l’aeroporto
di Aquino e solo una piccola retroguardia era stata lasciata nella città. [12]
Alle 8 del 18 maggio, la radio tedesca annunciò, con qualche giustificazione, che Cassino era stata evacuata con successo."
"Alle prime luci dell’alba gli altoparlanti ricominciarono e produssero migliori risultati della notte precedente. Sei tedeschi vennero fuori dalla casa 41 A e si consegnarono alle "Welsh Guards"; poco dopo, altri sei si arresero alla Cripta. Un’ora dopo, quattro paracadutisti, che erano scivolati attraverso la città, arrivarono fino all’automezzo dello speaker! Questa fu la somma totale dei prigionieri presi a Cassino." [13]
"Alle 10,05, la "10th Infantry Brigade", che aveva occupato il "Baron’s Palace" e il "Colosseum" durante la notte senza trovarvi resistenza,
cominciò ad avanzare nella città. Il loro fianco destro era la strada, la loro sinistra a circa metà della salita verso "Hangman’s Hill". Non
trovarono opposizione, a parte uno o due cecchini.
La "1st Guards Brigade", dopo aver sparato molte munizioni verso bersagli indefiniti allo scopo di indicare le proprie posizioni, si sfogò
tirando razzi fumogeni gialli.
Alle 10,20 fu occupato l’Hotel Continental e alle 10,30 fu vista la bandiera polacca sventolare sul Monastero.
Poco dopo, il "3rd Welsh Guards" mandò una pattuglia nella casa 41 A, una potente postazione tedesca a meno di 25 yarde dalla nostra prima linea,
che trovò vuota. Dopo di che s’incontrarono nel centro della città con la "10th Infantry Brigade".
Alle 11,30 fu trasmessa la parola in codice "WYE: Cassino è nelle nostre mani".
Il messaggio fu comunque un po’ prematuro. Verso mezzogiorno il comandante della brigata e l’ufficiale del genio si spinsero in macchina fin dove
era possibile arrivare e quindi si avviarono a piedi giù per la "Route Kay", verso la Cripta. Avevano appena percorso un centinaio di yarde,
quando un cecchino aprì il fuoco su di loro dalle pendici di "Castle Hill" e se quell’ora di trionfo non si trasformò in tragedia fu dovuto solo
alla fila di crateri di bombe ... .[14]
Questi, per quanto se ne sa, furono gli ultimi spari a Cassino.
Per la prima volta gli uomini poterono uscire al sole e guardare attorno a loro la scena della devastazione nella quale erano vissuti così a lungo
senza poter mai scorgere nulla se non una piccola parte delle rovine. Di giorno, Cassino era molto diversa. Durante i viaggi notturni, uno non
poteva vedere l’erba verde che cresceva sui bordi dei crateri, il chiostro di rose all’entrata della prigione e neanche la piccola statua della
Vergine, sopravvissuta intatta nella sua nicchia vicino alle tre piante scheletriche. Le distanze sembravano, ma lo erano veramente,
sorprendentemente brevi. Sulle pendici di "Castle Hill" gli edifici di pietra si mischiavano alle rocce polverose e l’intero grande ammasso di
rovine scintillava bianco sotto il sole. Anche il suolo desolato era coperto da un denso strato di polvere, rotto da grandi caldaie di acqua nera
dove erano cadute le bombe."
"Per circa un’ora si raccolsero gli equipaggiamenti accumulati in due settimane, comparando le trincee tedesche con le nostre. Furono rinvenute
formidabili opere di ingegneria, ma terribilmente squallide. Poi arrivarono i giornalisti, seguiti dagli artiglieri, dai genieri, dai carristi, da
quelli dei servizi e persino da quelli della RAF. Tutti coloro che avevano preso parte agli assalti o contribuito alla difesa vennero a vedere le rovine.
I genieri sud africani cominciarono a costruire la tanto a lungo progettata strada nella città.
Il comandante dell’Armata fu invitato per un tè nella Cripta e nel pomeriggio sul tardi i battaglioni, come si erano ripromessi tante volte, marciarono
fuori da Cassino in piena luce del giorno."
* * *
Pochi giorni dopo, il 27 ed il 28 maggio 1944, la 1st Guards Brigade fu impegnata nella sanguinosa battaglia per il possesso di Monte Piccolo e Monte Grande, vicino ad Arce. I tre battaglioni subirono la perdita di 18 ufficiali e 365 uomini tra caduti e feriti.
La brigata partecipò quindi all’intera campagna d’Italia e finì la guerra in Austria. [15]Si ringraziano i signori Giancarlo Langiano, Sandro Vazon Colla, Valentino Rossetti, Livio Cavallaro, Emilio Pistilli.
Note
Bibliografia
Sitografia
* * *
Diario del 2nd Battalion Coldstream Guards dal 1 al 21 maggio 1944
WAR DIARIES, 2nd Bn Cldm Gds, Commanding officer: maj REJC Coates. May 1944. Bn at San Potito, transcript by Phaethon Historian.
Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.
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23/08/2002 | richieste: 6584 | ROBERTO MOLLE
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