IL PASSATO CHE RITORNA. Ricoveri tedeschi a S.Angelo in Theodice
A distanza di sessanta anni dal passaggio della guerra nel nostro paese, sono ancora molte le testimonianze visive che ci portano a ripercorrere, con gli occhi della mente, la vita e le vicende degli uomini che provarono sulla loro pelle i logoranti effetti della guerra. Tuttavia è difficile trovare queste testimonianze e non sempre il destino ci riserva simili sorprese. Sorprese come quella che ho avuto il piacere di ricevere quando sono stato informato del ritrovamento di una serie di ricoveri tedeschi in prossimità dell’abitato di S.Angelo in Theodice. Inutile dirsi che, appena ricevuta la notizia, mi sono recato sul luogo con un amico che mi ha illustrato in maniera dettagliata le fasi del ritrovamento.
In breve, durante la pulizia di uno dei tanti canali di bonifica, la scavatrice predisposta a tale scopo, ha urtato un costone di terra, il quale, franando ha aperto l’ingresso al primo dei tre ricoveri. Con l’avanzare della scavatrice in prossimità del costone le vibrazioni sul terreno hanno causato nuovi cedimenti portando alla luce gli altri due ingressi.
Appena giunto in prossimità del costone ho intravisto il primo ricovero, in parte ancora coperto dalla terra franata. Non sapendo resistere all’emozione del momento e senza pensarci due volte, ho infilato la testa all’interno della piccola fessura: lo stato di conservazione di quel piccolo ricovero era incredibile, non una sola parete era ceduta e in alcuni tratti erano ancora ben visibili le tracce lasciate dagli occupanti.
La stessa enorme curiosità mi ha spinto poi anche verso il secondo ricovero per ricevere una sorpresa ancora più grande: al suo ingresso era raffigurata in bassorilievo una enorme croce uncinata che nonostante il tempo e la natura friabile del terreno, era rimasta intatta, a monito degli eventi passati. A differenza del primo ricovero, questo presentava un ingresso molto più ampio che mi ha permesso di entrarvi con tutto il corpo per analizzare più da vicino ciò che era contenuto al suo interno. Come per il primo anche in questo le pareti erano ricoperte di incisioni (nomi, sigle, numeri, frecce, disegni), ma il particolare che più ha attirato la mia attenzione è stato un altro: le pareti sembravano esser state ricoperte da un sottile strato di intonaco e successivamente verniciate di verde. Più volte avevo sentito parlare delle notevoli capacità dell’esercito tedesco nel progettare e realizzare i ricoveri e alla vista di quelle pareti non ebbi più dubbi.
Il terzo ricovero presentava le stesse caratteristiche dei precedenti: un accesso largo abbastanza per l’ingresso di un uomo e la biforcazione in due ambienti concepiti molto probabilmente per ospitare due fanti con relativo equipaggiamento. Non mancavano ovviamente panche realizzate con l’argilla e piccole intercapedini nelle pareti utilizzate probabilmente per deporre gli oggetti della vita quotidiana nella trincea.
Nell’esplorare l’interno dei ricoveri non ho potuto fare a meno di tornare indietro con la mente ed immaginare gli uomini per i quali quei piccoli ambienti scavati nell’argilla avevavo rappresentato per lunghi mesi l’unico riparo dal gelo e dalle pallottole.
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