NOSTRO NONNO, RAYMOND JORDY, EROE DEL BELVEDERE
Data: 15-10-2007Autore: FREDERIC GROSCategorie: RicercheTag: #today, colle-belvedere, ravin-gandoet
Prefazione

DAL VOLTURNO A CASSINO viene ormai seguito in molti Paesi.

In Francia, i nipoti del tenente Raymond Jordy, caduto in Italia il 4 febbraio 1944, in particolare Frédéric Gros, sono alla ricerca di notizie sul nonno. Scorrendo le pagine di Google *, Frédéric si imbatte nel suo nome ed apre le pagine del sito, dove è appena uscito il suggestivo articolo di Livio Cavallaro che descrive le asperità del famoso "Ravin Gandoët".
Cavallaro riporta la frase di un colloquio fra due giovani ufficiali francesi, Nicolas e Jordy:

No, Jordy, nessuno saprà mai ciò che abbiamo fatto. Nessuno se lo chiederà mai. Queste cose, vedi, non si possono raccontare; spariscono con noi.

Questa frase è ripresa dal noto libro del generale René Chambe, ma Nicolas si sbagliava: negli anni a venire saranno in molti a mantenere la memoria della terribile battaglia del Belvedere e dei suoi tantissimi caduti francesi, tunisini, algerini e tedeschi.
E’ così che Frédéric invia un messaggio al "Guestbook" del sito e da lì nascono una corrispondenza e l’invito a ricordare la figura del nonno proprio su queste pagine.

NOSTRO NONNO, RAYMOND JORDY, EROE DEL BELVEDERE

Frédéric Gros, 22 settembre 2007

1707
Raymond Jordy è nato a Limoux (Aude) il 22 giugno 1914 da una famiglia del Sud della Francia.
Segue il corso per Allievi Ufficiali a Saint-Maixent nel 1936 e rimane nell’Esercito in qualità di ufficiale della riserva in attività con il grado di sottotenente. Si sposa nel 1938 a Marsiglia con Maria Teresa Guichet, dalla quale ebbe tre figlie Maria José, Cristina e Silvia. Nel 1939 raggiunge il 24° reggimento di Tirailleurs tunisini di stanza alla Roche-sur-Yon (Vandea).
Partecipa alla campagna di Francia con il 24° R.T.T. e viene ferito alle due braccia. Il suo comportamento durante i combattimenti nella foresta di Mormat gli vale la citazione prima all’ordine della Divisione, poi dell’Armata; a questo titolo viene nominato cavaliere dela Legion d’Onore nel 1941.

Esce dall’ospedale di Bordeaux e, appena rimesso dalle sue ferite, raggiunge l’Armée d’Afrique ed il suo nuovo reggimento, il 4° R.T.T., nel dicembre 1940.
Dopo lo sbarco alleato nell’Africa del Nord nel novembre 1942, partecipa alla campagna di Tunisia nel 1942-43 come comandante di una compagnia; il suo comportamento nei combattimenti di Ragoubet El Mora gli vale la citazione all’ordine dell’Armata e viene decorato della Croce di Guerra con tre palme.

Prima dell’imbarco per Napoli nel dicembre 1943, viene promosso al grado di tenente ed è il solo comandante di compagnia decorato della Legion d’Onore. All’età di 29 anni, è il più giovane ufficiale del reggimento, alla testa dell’11a compagnia del III battaglione comandato dal maggiore Gandoët, forte di 185 uomini.
Il suo nuovo comandante, che ha assunto il comando del battaglione nel maggio 1943, ha rapidamente notato Jordy:

"il suo coraggio personale, le sue qualità di comando, la sua serietà, il suo buon umore e la sua attitudine a fare la guerra."

Gandoët riconoscerà nella sua corrispondenza privata che per quelle ragioni, aveva scelto l’11a compagnia per il primo assalto alla Linea Gustav.

1708
1709

Alla vigilia dei terribili combattimenti del Belvedere, Jordy era un giovane ufficiale descritto come volenteroso, coraggioso e sportivo, che desiderava ardentemente riprendere la lotta per far dimenticare l’umiliazione del 1940.
Conformemente agli ordini dei generali Juin e de Monsabert, essi stessi alle dipendenze del generale Mark Clark comandante della 5a Armata americana, l’attacco del Belvedere consiste in una manovra di diversione effettuata a Nord-Est di Cassino. Il compito richiesto al Corpo di spedizione francese è quello di appoggiare gli attacchi americani nella valle del Liri, a Cassino ed a Montecassino, in concomitanza allo sbarco di Anzio. Juin è cosciente che questa manovra è ad altissimo rischio per i suoi uomini, soprattutto perché l’ordine viene dato il 23 gennaio per il 25, un preavviso troppo breve per un’operazione così vasta.

Il teatro di operazioni di Montecassino ha come sfondo le montagne degli Abruzzi. I Tirailleurs tunisini sono abituati ai rilievi montani ed è questa la ragione per cui gli Americani hanno finalmente fatto appello alle forze francesi per combattere al loro fianco.

1711
La battaglia del Belvedere s’iscrive nel quadro delle battaglie di Cassino che, contro ogni attesa, dureranno per cinque mesi, da gennaio a maggio 1944 e si estingueranno poco prima della caduta di Roma; dura dal 25 gennaio al 4 febbraio 1944 e ne costituisce uno degli episodi più eroici, ma anche uno dei più sanguinosi della campagna d’Italia.

Non è per niente eccessivo affermare che il ruolo di Jordy e dell’11a compagnia fu centrale e determinante nei combattimenti del Belvedere.

In effetti Jordy riceve l’ordine di prendere due sommità, che sono le quote 681 e 862: ciò vuol dire penetrare nella Linea Gustav in modo tale da obbligare i Tedeschi a concentrare il maggior numero di unità su quella falla aperta ed in questo caso la manovra di diversione sarà riuscita. Siamo in pieno inverno e i combattimenti avranno luogo sotto la neve o sotto la pioggia. Dopo aver superato il villaggio dell’Olivella, gli uomini della 11a compagnia, per di più carichi come muli, devono impegnarsi nella salita di una sorta di canalone largo 5 metri e alto circa 800 metri, chiamato il "Ravin Gandoët".

La compagnia riesce a raggiungere il suo primo obbiettivo il 25 gennaio, poi riprende l’ascensione l’indomani, il 26 e, tra la sorpresa dei Tedeschi, riesce a raggiungere alle 2,30 del mattino il secondo obbiettivo, la quota 862, dopo combattimenti di rara intensità (ci sono 5 gradi sottozero).

La linea Gustav è trafitta.

Questi due primi giorni di combattimento sono di una violenza estrema.

I soldati tunisini si battono sotto una pioggia di granate e razzi; la progressione fra i blockhaus tedeschi è frequentemente effettuata con le baionette, a corpo a corpo. Dopo questo successo, Jordy riceve l’ordine di tenere la posizione, ma le munizioni sono esaurite e i Tedeschi organizzano un massiccio contrattacco dal mattino del 27 gennaio. A mezzogiorno Jordy invia un SOS per radio:

"Non ne posso più, non posso tenere, siamo quasi completamente accerchiati, niente munizioni."

L’11a compagnia è a poco a poco decimata e non restano che 35 sopravvissuti. Alle 12,40 Jordy riceve dal maggiore Gandoët l’ordine di ritirarsi. Scenderà per ultimo, pieno di rabbia, dopo i suoi uomini con nove prigionieri.

Non hanno bevuto né mangiato da tre giorni.

Il 28, il maggiore Gandoët riceve dal generale de Monsabert e trasmette l’ordine a quello che resta dell’11a compagnia di riprendere la quota 862 con l’appoggio dell’artiglieria.

Jordy riconquisterà di forza l’obbiettivo il 29, ancora alla baionetta.

A quel punto il comandante del battaglione è inquieto per la perdita dei suoi principali ufficiali ed al fine di parare le conseguenze dell’eventualità della sua propria morte, nel corso di quello stesso giorno domanda a Jordy di fermarsi presso di lui per affidargli il comando nel caso dovesse soccombere.

Il maggiore Gandoët ed il tenente Jordy vivranno in un binomio dal 29 gennaio fino alla fine della battaglia il 4 febbraio. Prenderanno le decisioni insieme, si nasconderanno insieme nella stessa buca, cercheranno di trovare il sonno sotto la stessa coperta, si getteranno al suolo insieme allo scoppio delle granate tedesche.

1710
Gandoët nella sua corrispondenza racconterà che trovavano insieme la forza di scherzare, che si davano perfino del tu (cosa che era del tutto eccezionale nella gerarchia militare dell’epoca) e che li univa una grande complicità e senza dubbio un’ammirazione reciproca.

La quota 862 sarà conquistata due volte e contrattaccata dodici volte. I combattimenti continueranno fino al 4 febbraio, quando il 3° reggimento Tirailleurs algerini rilevò il 4° reggimento Tirailleurs tunisini.

Gandoët e Jordy saranno gli ultimi a lasciare il Belvedere e lasceranno in eredità ai loro successori la quota 862.

Solo a missione compiuta, essi scenderanno dalla vetta nel tardo pomeriggio del 4 febbraio, incamminandosi verso Sant’Elia.
C’è un passaggio scoperto, visibile dal Cifalco.
Quattro granate sono tirate verso le 16,15 sul piccolo gruppo che accompagna Gandoët e Jordy. [1]
Il maggiore è ferito ad un braccio ed all’anca, si solleva e si precipita verso Jordy del quale rovescia il corpo.

Gravemente colpito alla testa ed al petto Raymond Jordy muore fra le braccia del suo comandante.

* * *

Raymond Jordy sarà seppellito il 6 febbraio [2] con la conduttrice di ambulanze Marie-Alphonsine Loretti[3] e avrà diritto ad un discorso personale del generale Juin, che dichiarerà che era stato uno degli ufficiali più brillanti durante i combattimenti del Belvedere.

Non fu certo il solo.

L’opera del generale Chambe e quelle più recenti sulla campagna d’Italia descrivono i comportamenti eroici del capitano Tixier, del capitano Denée, del capitano Balze, del tenente Bouakkaz, del tenente El Hadi e di tanti altri, caduti nella battaglia.

Ma Jordy resterà nella storia come l’ufficiale francese che per primo era riuscito a penetrare nella Linea Gustav.

De Gaulle non si sbaglierà e, malgrado le relazioni ambigue con Juin e più in generale con l’Armée d’Afrique, scriverà nelle sue Memorie di Guerra che la battaglia del Belvedere aveva costituito "uno dei fatti d’arme più brillanti della seconda guerra mondiale."

Il generale inglese Alexander indirizzerà un messaggio molto lusinghiero a Juin sul"modo in cui tutte le operazioni sono state eseguite nel solco delle più belle tradizioni francesi."

Clark, l’americano che discuteva con Alexander sulla miglior strategia da adottare in Italia dichiarerà "che da lì in poi non vorrà combattere se non con i francesi al suo fianco."

Nel 1974, un corso di Allievi Ufficiali fu intitolato alla memoria del tenente Jordy.

* * *

Gandoët esce vittorioso dai combattimenti del Belvedere, ma molto provato.
E’ il solo ufficiale del III battaglione che è sopravvissuto; tutti i suoi quadri, più giovani di lui, sono morti.
Gli incomberà il pesante compito di informare una ad una le mogli dei suoi ufficiali, sottufficiali e semplici soldati, ormai vedove e rimaste in Tunisia.
Tra di loro la mia nonna che allora era una giovane donna.
Gandoët le presenterà più tardi uno dei suoi allievi, il capitano du Mont (che si è distinto nelle battaglie del Reno, settore di Herenberg, come comandante dell’artiglieria del 151° reggimento di fanteria) che lei sposerà nel 1946.
Gandoët resterà così molto vicino alla famiglia, fino alla sua morte nel 1995.

Eroe sopravvissuto al Belvedere, svolgerà una brillante carriera militare e sarà nominato cavaliere di Gran Croce della Legion d’Onore.
Tuttavia, dalla lettura delle sue numerose lettere alla mia famiglia, appare certo che il ricordo della morte di Raymond non l’aveva mai più lasciato.

* * *

La famiglia Jordy-du Mont vive oggi nella regione di Lione ed in quella parigina. La famiglia Gandoët vive nel Sud-Ovest della Francia.
A 63 anni dalla battaglia del Belvedere le due famiglie sono sempre in contatto.

Note del traduttore

  1. ^ Oltre ai due ufficiali erano presenti l’aiutante francese Dick e il Tirailleur tunisino Gacem Ben Mohamed, entrambi uccisi dalle schegge.
  2. ^ Probabilmente le spoglie del tenente Jordy furono inumate nel piccolo cimitero militare di Casalcassinese, vicino ad Acquafondata, oppure in quello allora provvisorio di Venafro. Dopo la guerra esse furono traslate in Francia.
  3. ^ Marie-Alphonsine Loretti, di 28 anni, infermiera volontaria e conduttrice di ambulanze del III battaglione di Sanità, cadde sotto un improvviso bombardamento dell’artiglieria tedesca il 5 febbraio 1944 nei pressi di Sant’Elia Fiumerapido, come recita la motivazione di concessione della Médaille Militare.

Prefazione e traduzione di Alberto Turinetti di Priero.

Nel caso in cui il testo derivi sempicemente dall'esposizione, con o senza traduzione, di documenti/memorie al solo fine di una migliore e più completa fruizione, la definizione Autore si leggerà A cura di.

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